La vigilia del referendum in Lombardo-Veneto Silvio Berlusconi la trascorre ad Arcore. Rientrato dalla trasferta a Capri, ha cancellato l'intervento alla festa del Foglio di Firenze, anche per stare vicino a un suo familiare che ha avuto un problema di salute.
Oggi non voterà perché il leader di Forza Italia ha la residenza a Roma ma si augura che l'affluenza sia alta, anche se ha l'impressione che questa consultazione gli elettori non l'abbiano ben compresa, né siano stati molto informati.
Un successo del referendum, sul quale il Cavaliere si è speso accanto al governatore della Lombardia Roberto Maroni, sarebbe un importante segnale di vitalità dell'alleanza. «E potrebbe rafforzare - spiega uno dei suoi più stretti collaboratori - quella parte della Lega, rappresentata proprio da Maroni, che è più vicina a Fi e più lavora per l'unità del centrodestra. Magari smorzando le uscite polemiche che Matteo Salvini quotidianamente non ci risparmia».
Sembra che le dichiarazioni di venerdì del leader del Carroccio abbiano sorpreso il leader azzurro. Perché dire «non ho bisogno del permesso di Berlusconi per chiedere il voto dei cittadini italiani», quando si è d'accordo che chi prende più voti alle elezioni sarà candidato premier del centrodestra? Perché quel tono ironico sul prossimo incontro: «Che bisogno c'è di vederci? Berlusconi sa già tutto. Magari più avanti». Perché puntualizzare, sul cambio di rotta per l'uscita dall'euro che il Cav ha citato proprio per dire che sarà facile un accordo programmatico con la Lega, «le mie idee le decido io. Non è Berlusconi che me le suggerisce»? «Soprattutto - sottolineano ad Arcore -, perché dire che il presidente fa tutto da solo, assegnando in un futuro governo 3 ministri politici a Fi, 3 alla Lega e 3 a Fdi, quando questo era anche il suo pensiero?».
Troppe uscite che non possono piacere al leader di Fi, impegnato a smorzare ogni attrito, a compattare e a tenere insieme le diverse anime del centrodestra, dal Nord al Sud del Paese, a tessere il filo rosso che lega l'iniziativa autonomista nel Settentrione alla corsa alle elezioni regionali in Sicilia del 5 novembre. Lì il candidato governatore Nello Musumeci, sponsorizzato da Fdi e Lega ma sostenuto da tutte le forze dell'alleanza, potrà contare sull'impegno personale di Berlusconi, mentre Renzi si tiene alla larga dal suo Fabrizio Micari, per non essere coinvolto in un previsto flop.
Il leader azzurro si prepara a scendere nell'isola, probabilmente venerdì e sabato, a Palermo, forse a Catania dove il 28 è atteso anche Beppe Grillo, accanto al concorrente Giancarlo Cancelleri, che avrebbe guadagnato qualche punto, avvicinandosi al favorito Musumeci. In realtà, l'istituto Piepoli dà al 42% il candidato del centrodestra, al 25% quello del M5s come Claudio Fava di Si, mentre è fermo a un agghiacciante 8% Micari del Pd. Un sondaggio di Demopolis indica Musumeci al 36, ad un sol punto di vantaggio da Cancelleri. Micari teme di finire addirittura quarto e di non avere aiuto dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando e dal governatore uscente Rosario Crocetta; parla di sondaggi per manipolare il consenso e teme un «voto utile» a favore del centrodestra.
In questo quadro, l'arrivo di Berlusconi può come sempre fare la differenza per pungolare gli indecisi e motivare gli astensionisti.
Anche Giorgia Meloni è impegnata nel sostegno a Musumeci che è prima di tutto un «suo» candidato. In Sicilia si supereranno le divisioni sul Rosatellum e sul referendum, che hanno distinto la leader di FdI dagli alleati. E dopo il 5 novembre davvero si ragionerà sulla corsa alle politiche di primavera.
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