Antonio Baldassarre oggi ha 84 anni. Nel 1995 fu eletto Presidente della Corte Costituzionale e nominato nel 2002 Presidente della Rai. Professore ordinario di diritto costituzionale alla Luiss, è un giurista di valore, al di sopra dei conflitti politici.
Professore, la separazione delle carriere tra Pm e giudici supera il primo voto in Parlamento. Un traguardo di una battaglia che socialisti e radicali iniziarono una quarantina d'anni fa
«Si, iniziarono loro. È passato quasi mezzo secolo».
Lei è favorevole?
«È una conquista di civiltà. Sono pochissimi i paesi occidentali nei quali i giudici sono nella stessa organizzazione dei Pm. Se c'è un unico Csm, come in Italia, cioè un solo luogo di governo della magistratura, è ovvio che il gioco delle correnti finisce con l'influenzare le carriere sia dei Pm sia dei giudici. E per i giudici ci possono essere dei condizionamenti».
La figura del gip aumenterà di importanza e di potere?
«Dovrebbe essere già importante oggi. Con la separazione guadagna indipendenza. Quindi avrà maggiore forza».
La separazione potrebbe portare alla fine della guerra tra magistratura e politica?
«Previsione molto difficile. I magistrati hanno fatto una battaglia pluridecennale per contrastare e impedire la separazione. Adducendo un argomento secondo me sbagliato. E cioè che la separazione comporterebbe una sottomissione del Pm alla politica».
Non è così?
«No. La riforma che sta passando prevede due Csm separati e nessuna sottomissione del Pm al ministro. È diverso il modello americano, dove il Procuratore generale (attorney general) è il ministro della Giustizia. Ma da noi nessuno ha proposto questo modello. Quindi la polemica dei giudici è inconsistente. Il Pm non perde nessuna garanzia di indipendenza».
La mancata separazione non è in contrasto con l'articolo 111 della Costituzione che parla di giudice terzo e imparziale?
«Io penso di sì. C'è un evidente condizionamento del giudice, non è garantita la sua terzietà se non si separano le carriere».
L'opposizione a questo provvedimento è sempre venuta dai comunisti e dalle Procure. Per ragioni ideologiche o solo per ragioni di potere?
«La parola ideologia è una parola troppo grande per la politica di oggi. E quindi resta la questione del potere. È noto che alcune correnti della magistratura sono legate a certi partiti politici. E questi partiti spesso delegano ad alcune correnti della magistratura la lotta politica».
Tra sinistra e Procure c'è un patto di solidarietà che dura da mezzo secolo?
«Non so se c'è un patto. Forse no. Però si utilizzano l'un l'altro. A volte la sinistra utilizza i Pm per eliminare avversari politici. A volte sono i Pm che utilizzano la sinistra per le loro battaglie».
L'obiezione dei nemici della separazione è che in questo modo si rischia di isolare e incattivire le Procure, mentre oggi il Pm dovrebbe avere nel suo lavoro anche una preoccupazione per i diritti dell'imputato.
«Secondo la legge sì, il Pm dovrebbe occuparsi anche dell'imputato. Purtroppo non è così. Quindi non capisco dove dovrebbero incattivirsi».
La separazione delle carriere può essere considerata la vittoria postuma di Berlusconi?
«Berlusconi ne fece la sua bandiera. Anche perché gli scatenarono contro non so quante Procure. Però la battaglia era iniziata prima ancora di Berlusconi. La iniziarono, come ha detto lei, Pannella e i socialisti. Ai tempi di Craxi. E la impostarono molti validissimi giuristi».
Sono passati giusto 25 anni dalla morte di Bettino Craxi (19 gennaio 2000). Fu vittima di una persecuzione?
«Non so se definirla persecuzione. Ma tutta mani pulite è stata una pagina della storia italiana che va chiarita. Non è stata ancora fatta luce su quegli anni. Un personaggio della statura di Craxi capì che in quel clima che si era creato non avrebbe potuto affrontare un processo. Non c'erano garanzie per la difesa. Per questo dovette rifugiarsi all'estero».
È possibile fare una legge che protegga le forze dell'ordine e impedisca l'iscrizione nel registro degli indagati di poliziotti e carabinieri che fanno il loro dovere?
«Bisognerebbe vedere come sarà disciplinata questa legge, se il governo deciderà di farla. Però è vero che le forze dell'ordine hanno bisogno di maggiore tutela. Ci sono dei professionisti delle rivolte. Sono molto violenti contro la polizia. La polizia e i carabinieri devono poter lavorare con maggiore serenità, e a loro si deve rispetto. In America se uno offende un poliziotto rischia grosso».
Lei è stato presidente della Rai.
Come giudica la Rai di oggi? Fa servizio pubblico? O sarebbe favorevole alla sua privatizzazione?«Io penso che sarebbe giusto accogliere un'idea che fu proposta da Franco De Benedetti: creare una fondazione che possegga la Rai. Cioè separare la Rai dai partiti politici».
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