Il governo litiga anche in piena emergenza Coronavirus e lo fa sulla questione delle nomine dei top manager delle principali aziende dello Stato. La forzatura da parte dell'esecutivo è stata duramente criticata dal centrodestra, che con una nota congiunta ha ribadito la richiesta di congelamento e di rinnovo automatico degli amministratori in carica: "È grave che la maggioranza voglia effettuare questa forzatura quando anche il controllo parlamentare è necessariamente indebolito". Come se non bastasse ora è entrato a gamba tesa Alessandro Di Battista. Un ritorno non proprio inaspettato: una sua apparizione era preventivabile considerando il fragile momento che l'Italia sta attraversando con l'Europa, divisa tra Mes ed Eurobond.
In un appello pubblicato su Facebook e firmato da diversi esponenti del Movimento 5 Stelle si legge: "Ci hanno chiamato giustizialisti e manettari, ci hanno accusato di essere eccessivamente rigorosi. Ma in un Paese come il nostro era necessario che una forza politica mettesse nero su bianco che solo chi ha la fedina penale pulita può rappresentare i cittadini nelle istituzioni". L'intenzione del post è quella di bloccare alcune nomine: tra queste la conferma di Claudio Descalzi all'Eni, ritenuta "irricevibile" da alcuni pentastellati. In molti hanno richiamato il M5S all'attenzione: "A noi era stato dato un mandato chiaro di discontinuità sia nel merito che nel metodo".
M5S è diviso
Nell'appello vengono elencati tutti i procedimenti giudiziari che coinvolgono l'attuale amministratore delegato dell'azienda: "La più grande presunta tangente della storia italiana (1,1 mld) vede protagonista come imputato per corruzione internazionale l'ad di Eni Claudio Descalzi. Oltre un miliardo di tangenti sarebbero state pagate da Eni per ottenere un giacimento in Nigeria". Nel mirino è finita anche la moglie di Descalzi, Marie Madeleine Ingoba, che secondo i pm avrebbe controllato 5 società denominate Petro Service che hanno prestato servizi per l'Eni guidata dal marito tra il 2007 e il 2018 in cambio di 300 milioni di dollari: "Mentre nel 2014, sei giorni prima della nomina ad ENI di Descalzi da parte di Renzi, stando alle accuse la signora Ingoba in Descalzi vende la controllante delle 5 società ad Alexander Haly ritenuto dagli inquirenti un prestanome dei coniugi".
Tengono a precisare: è ancora tutto da chiarire, ma è stato sottolineato che tutto ciò basterebbe per "rendere totalmente irricevibile la riconferma di Descalzi da parte del M5S come ad di Eni. Nomina di un valore enorme, come altre di cui si sta discutendo". Dunque tramite il post è stato definitivamente chiesto di "bloccare la nomina a qualsiasi livello, di coloro che, sulla base delle nostre regole, non potrebbero neanche essere candidati al consiglio di circoscrizione". All'appello dell'ex deputato grillino si sono uniti Pino Cabras, Ignazio Corrao, Rosa D'Amato, Eleonora Evi, Mario Furore, Mario Michele Giarrusso, Giulia Grillo, Barbara Lezzi, Antonio Lombardo, Cataldo Mininno, Piernicola Pedicini, Iunio Valerio Romano, Massimo Bugani, Piera Aiello, Luigi Sunseri, Tiziana Drago, Elena Pagana, Daniele Del Grosso, Rosa Barone, Sergio Tancredi, Davide Aiello, Enzo Alfano, Maria Edera Spadoni, Federica Dieni, Gianni Perrino, Michele Sodano, Nicola Morra, Andrea Greco e Gianluca Vacca.
Senatori, europarlamentari e deputati: una fronda che spacca il Movimento 5 Stelle e che mette a
serio rischio la tenuta del governo. I malpancisti guidati da Di Battista hanno voglia di riacquistare l'iniziale valore identitario dei 5S. Ma la frattura interna è netta ed evidente, quasi incolmabile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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