Di Battista studia le pratiche del divorzio. "Siamo complici della Lega, molliamola"

Definisce il leader leghista «Dudù di Berlusconi». E avverte l'«amico» Luigi

Di Battista studia le pratiche del divorzio. "Siamo complici della Lega, molliamola"

Per centoventisei pagine non ripete altro che l'alleanza con Matteo Salvini era la scelta più saggia, ma in tutte le centoventisei annuncia che è il momento di tornare folli. Da ieri sono disponibili, in libreria, i pensieri d'azione di Alessandro Di Battista, «un pamphlet» che somiglia alle Tesi d'Aprile, il programma politico che scrisse Lenin appena tornato dall'esilio svizzero, proprio come ha fatto Di Battista ma di ritorno dal suo viaggio di piacere in Sudamerica. Il titolo del libro è Politicamente scorretto, lo distribuisce la casa editrice del Fatto Quotidiano, e la notizia sta alla fine: bisogna separarsi dalla Lega perché un «conto è essere contraenti di un patto di governo, un altro è essere complici». Come i testi sregolati della Neoavanguardia, al suo interno c'è di tutto su tutti e contro tutti. Salvini è definito il «Dudù di Berlusconi»; Silvio Berlusconi è «un nemico della collettività»; i Benetton sono dei «prenditori»; Giovanni Malagò un «coatto»; Fabio Fazio «un Ghedini qualsiasi»; Armando Siri un indagato e - chiede Di Battista - «voi lascereste vostro figlio a casa di un uomo indagato, non condannato definitivamente, solo indagato per pedofilia?». L'introduzione gira intorno alla convinzione classica del M5s: il complotto dei giornali. «Siamo vittime delle loro menzogne e per confutarle ci siamo trasformati in burocrati rinchiusi nei ministeri mentre Salvini al ministero non ci andava quasi mai». Premesso questo, il piano futuro è chiaro: «Quello con la Lega è un matrimonio di interesse. Non ho mai pensato a una vera alleanza». E infatti con il pretesto di rimanere se stesso («Devo mantenermi politicamente scorretto»), Di Battista vuole prendere il posto di Di Maio che dice deve «pungolare», («C'è chi mi spinge per sostituirlo»), per trovarsi alla fine a sfidare Salvini. Nel capitolo «Matrimonio di interesse», Di Battista studia le pratiche di divorzio. Come i coniugi che devono dimostrare che il tetto è stato abbandonato dall'altro, Di Battista scrive che Salvini «provoca, cerca pretesti per attribuire al M5s la rottura perché la sola cosa che gli interessa davvero è fare il presidente del Consiglio». Salvini, in questo catechismo del rivoluzionario, è per Di Battista l'adultero che deve essere tradito prima che tradisca, («Forte del trionfo alle europee si sta rifugiando nel berlusconismo. Spinge verso le opere inutili. Quel contratto lo sta già velatamente mettendo in discussione»). In questa opera non manca il veleno a Di Maio offerto sempre come prova della sua autentica amicizia: «Il sistema istituzionale spinge ad omologarti. Salite al Colle, nomine, eleganza, onorevole qua, ministro di là» ma ovviamente «io a Luigi, semplicemente, voglio bene». E però, poi, Di Battista, torna (ancora) a Salvini e deve essergli scappata la penna dato che giunge alla conclusione che, metaforicamente parlando, il leader della Lega sarebbe attratto dagli «stupefacenti» che circolano al governo, («Nei palazzi della politica circolano quelle due droghe, il potere e il consenso. Salvini lo vedo attratto da entrambe»). Dimenticavamo.

Di Battista rivela che Salvini avrebbe confidato a Di Maio l'intenzione di querelarlo e che alla fine non l'abbia fatto, («Quando Di Maio mi disse che si era molto arrabbiato perché lo avevo chiamato Dudù, gli scrissi un lungo messaggio»). Salvini non gli ha risposto e dunque Di Battista lo pubblica. Il messaggio è così lungo e strampalato che non merita di essere trascritto ma solo di essere cestinato con un divertito, ma preoccupato, sorriso.

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