Dalla «potenza di fuoco» dei 400 miliardi di aiuti declamata da Conte al bazooka delle tasse. E i contribuenti tra due fuochi, in particolare le partite Iva, che rischiano di restare schiacciate. Da una parte i finanziamenti d'emergenza garantiti dallo Stato che tardano ad arrivare, dall'altra la tregua fiscale concessa dal governo che va in scadenza, rischiando di trasformarsi in tagliola.
Lo ha confermato ieri l'audizione parlamentare di Ernesto Maria Ruffini, il direttore dell'Agenzia delle entrate, il quale ha avvisato della pioggia di cartelle esattoriali in arrivo: «L'Agenzia si prepara ad emettere entro quest'anno circa 8,5 milioni di atti e comunicazioni».
Resta ormai poco più di un mese alla scadenza della moratoria del 31 maggio per una gran quantità di versamenti e accertamenti fiscali. Un tempo brevissimo, soprattutto se comparato alle lunghe proroghe concesse da altri Paesi europei. Allo stato, la liquidità promessa dal governo praticamente non ha iniziato ad affluire nel sistema delle imprese. Molte delle quali a giugno saranno appena ripartite in uno scenario di economia depressa, boom di spese per la sicurezza anti-Covid, aiuti di Stato tardivi. E in più, annuncia ora Ruffini, una pioggia di cartelle esattoriali.
«Dopo averci fatto l'elenco di tasse sospese e accertamenti in arrivo -chiosa l'azzurro Sestino Giacomoni, vice presidente della Commissione finanze della Camera, che ha ospitato l'audizione di Ruffini- il direttore potrebbe cambiare il nome in Agenzia delle uscite e degli accertamenti: cil governo deve assolutamente prorogare fino a fine anno lo stop ai pagamenti tributari ed evitare che la marea degli accertamenti travolga il sistema produttivo già in difficoltà».
Anche dai professionisti che dovranno gestire sul campo la mole di accertamenti trapela preoccupazione. «Ci si aspettava un anno sabbatico fiscale -commenta Gianluca Timpone, commercialista e docente di Politica economica presso l'Università europea di Roma- invece ci troviamo di fronte a un ingorgo di accertamenti».
Ruffini ha specificato che l'Agenzia, dal primo giugno ed entro il 31 dicembre 2020, dovrà notificare circa 3,7 milioni di atti e comunicazioni in scadenza, più altri 4,8 milioni di atti e comunicazioni che, anche se non in scadenza al 31 dicembre, «sono diretti a consentire ai contribuenti di sanare tempestivamente errori, quindi lettere di compliance e avvisi bonari». Un numero abnorme, tanto da ammettere che potrebbe «essere opportuna una rimodulazione».
Alle contestazioni delle opposizioni, Ruffini ha replicato ricordando che dal decreto Cura Italia, in fase di conversione in legge, il Parlamento ha stralciato la proroga di due anni sugli accertamenti, proprio per volontà delle opposizioni. «In realtà -spiega Timpone- i due anni di proroga sarebbero una soluzione peggiore del male, perché l'Agenzia per rimediare ai due mesi di stop dell'attività di accertamento, otterrebbe due anni di tempo in più per accertare le dichiarazioni del 2015, che altrimenti andrebbero in prescrizione.
Tutte preoccupazioni in più per gli imprenditori già in crisi. Senza la proroga, arriverebbero avvisi frettolosi che impongono di pagare prima e fare ricorso dopo». Alternative? Ruffini si è limitato a rimbalzare l'ipotesi di una possibile nuova pace fiscale: «Scelta politica».
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