A rileggerlo oggi fa paura perché sembra una quartina di Nostradamus, una profezia avverata. Invece è solo un articolo di oltre 13 anni fa pubblicato sul Telegraph da Ambrose Evans-Pritchard, che anticipa di dieci anni quello che sarebbe successo oggi.
Il pezzo, datato giugno 2002 e intitolato «Belgio, trampolino di lancio dei terroristi», dimostra che già allora le autorità locali avevano presente cosa quel paese stava divenendo ma nessuno ha fatto qualcosa per evitarlo.
L'autore, uno dei massimi analisti europei, scriveva che una relazione della Commissione Servizi Segreti del Parlamento aveva inquadrato l'esistenza di un vero e proprio stato religioso islamico all'interno del paese, attorno ai movimenti salafiti più radicali, finanziati dai sauditi. Il Belgio già allora, secondo il report, ospitava una «Quinta Colonna» islamista «pericolosa nel caso di un conflitto in Medio Oriente», fatta di «immigrati di seconda e terza generazione che rifiutano i valori occidentali».
Di quell'allarme inascoltato, oggi ne vediamo le conseguenze: sia nel caso del massacro di Charlie Hebdo, sia per la strage di Parigi, il Belgio è stato la base logistica e la centrale operativa degli islamisti che hanno colpito l'Europa.
Ma in realtà è da anni che quella nazione è l'anello debole della sicurezza europea.
Due anni dopo, nel 2004, fu proprio da lì che partì la cellula terroristica del Gruppo Islamico Combattente Marocchino che fece l'attentato a Madrid, causando 191 morti e 200 feriti. Ed era una giovane belga convertitasi all'Islam, Muriel Degauque, la prima donna kamikaze a farsi esplodere in Iraq nel 2005.
Secondo l'ultimo report di ICSR (il Centro Internazionale di Studio sul Radicalismo) il Belgio è il paese europeo con il maggior numero di jihadisti attivi in Siria e Iraq, rispetto alla popolazione (400, 34 combattenti ogni milione di abitanti).
Non solo, lo scorso anno ad Anversa sono stati mandati a processo oltre 40 componenti di Sharia4Belgium, la più micidiale macchina organizzativa in Europa per il reclutamento jihadista che le forze dell'ordine hanno ritenuto per lungo tempo solo un'organizzazione umanitaria.
In questi dieci anni, però, Bruxelles ha continuato nella sua politica di «porte aperte» all'immigrazione e di «integrazione permissiva», con risultati devastanti. Stessa cosa in Olanda dove addirittura l'Aia, la sede del governo, è ormai chiamata la «città jihad», con interi quartieri a maggioranza mussulmana sottoposti alla sharia. Tutto ciò ha creato un substrato sociale ostile all'Occidente, nel cuore dell'Occidente stesso. Una bomba ad orologeria, già innescata.
Il problema non
è solo combattere i terroristi ma anche gli «utili idioti della jihad»: politici e intellettuali che con il loro multiculturalismo e la retorica buonista, stanno portando l'Europa alla distruzione.Twitter: @GiampaoloRossi
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.