Bertinotti perde l'ufficio ma il suo staff si ribella

All'ex presidente della Camera è scaduto "l'affitto" della stanza in Parlamento. I collaboratori: ingiusto

Bertinotti perde l'ufficio ma il suo staff si ribella

Gianfranco Fini e il personale che collabora col suo ufficio da ex presidente della Camera possono stare tranquilli ancora per un bel po', fino al 2018. Per Fausto Bertinotti e il suo staff di sei persone, invece, il Big ben ha detto stop dieci giorni fa, precisamente il 30 settembre. Il vecchio privilegio degli ex presidenti della Camera di poter godere di un fondo di oltre 200mila euro l'anno per mantenere ufficio e personale, è stato negli ultimi due anni molto ridimensionato. Da diritto a vita, è stato ridotto nel 2012 - come risposta all'indignazione popolare per i benefit e gli stipendi di lusso a Montecitorio - a dieci anni, e qualche mese fa ulteriormente dimezzato, a cinque anni, dal Collegio dei questori della Camera (composto dai tre deputati Stefano Dambruoso di Sc, Gregorio Fontana di Fi, e Paolo Fontanelli del Pd). Bertinotti, che a suo tempo nel 2012 non commentò il taglio a cinque anni ma nemmeno rinunciò al privilegio (come invece fece Casini: «Comunico che non intendo avvalermi della delibera e rinuncio, con effetto immediato, ad ogni attribuzione e benefit connessi a questo status), ha stoicamente preso atto della decadenza, non così invece i sei dipendenti del suo ex ufficio, che invece hanno inviato una lettera ai questori della Camera per chiedere un ricollocamento. «Comprendiamo l'esigenza di riduzione dei costi» scrivono i sei collaboratori dell'ex segretario di Rifondazione comunista (recentemente pentito: «Il comunismo ha fallito, bisogna ripartire dalla cultura liberale»), ma il nostro rapporto di lavoro doveva terminare nel 2018 e invece si conclude cinque anni prima, con poco preavviso, dicono in sostanza nella lettera. E dunque? «Chiediamo di essere inseriti nell'allegato B», cioè in un elencone di circa 300 persone che hanno lavorato, a vario titolo, a Montecitorio, a cui i gruppi parlamentari sono invitati - ma attenzione, non obbligati - a pescare quando cercano personale. La richiesta verrà valutata dall'Ufficio di presidenza, ma non è all'ordine del giorno - filtra da Montecitorio -, anche perchè i sei «bertinottiani» sono collaboratori esterni della Camera, e malgrado il pressing la linea è che, se anche entrassero nella lista dei ripescabili (l'allegato B), tutto dovrà avvenire a saldo zero per il bilancio della Camera dei deputati.

Le voci su una proroga del contratto, o di un immediato ricollocamento degli ex collaboratori dell'ex presidente della Camera, sono invece catalogate come notizie prive di fondamento, fatte uscire ad arte dai dipendenti della Camera inferociti con l'Ufficio di presidenza per i tagli (in verità parecchio più lievi di quanto temessero) ai loro stipendi e alle loro progressioni di carriera.

Liberissimi, comunque, i deputati di Sel o Pd, o degli altri gruppi, di assumere i sei ex collaboratori di Bertinotti con i fondi a loro disposizione. Sempre che non sia Bertinotti a mettersi una mano sul cuore per sistemarli, altrove.

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