"Mi spiace signorina, lei qui non può entrare, il suo nome non è nella lista degli invitati» Davanti all'ingresso del Carthay Circle Theatre di Los Angeles c'è una bolgia spaventosa, gente che preme, raffiche di flash, poliziotti con i manganelli in pugno. E c'è tutta l'elite hollywoodiana, splendente di lustrini, che sfila elegante, accomodandosi senza fretta: Cary Grant, Marlene Dietrich, Judy Garland. É il 21 dicembre 1937, anno ottavo della Grande Depressione, la recessione che aveva frantumato gli Stati Uniti in estate aveva spazzato via l'ottimismo nato con le politiche monetarie e fiscali di Roosevelt. Ma questa è una sera diversa, la sera che farà la storia del cinema e nessuno vuole mancare. Il film, rivoluzionario e mirabolante, si intitola, Snow White and the Seven Dwarfs, «Biancaneve e i sette nani», ed è il primo lungometraggio animato a colori creato da Walt Disney, il genio di Chicago di origini normanne che vendeva bibite sui treni e sognava di costruire il Regno dell'Immaginazione sui disegni che si muovono. Per questo all'ingresso sono severi ai limiti della durezza: «Mi spiace signorina, ma lei qui non può entrare». «Ma io devo entrare - rispose la vocina davanti a quel muso duro -: io sono Biancaneve» Ed era la pura verità.
Forever young
Biancaneve oggi ha 84 anni ma è sempre una ragazzina, il sogno di tutti i bambini, il simbolo della bontà e del candore che vince sull'invidia e sulla cattiveria. A dire il vero di anni ne avrebbe anche di più, visto che la prima edizione della fiaba creata dai fratelli Grimm è addirittura del 1812, ma 84 sono gli anni trascorsi da quella sera, da quando Walt Disney la portò sul grande schermo nel cartone animato più famoso di tutti i tempi e che regalò alla fanciulla perseguitata dalla strega cattiva una popolarità globale immensa e eterna. «Biancaneve e i sette nani» dopo la premiere aspettò tre mesi prima di essere distribuita in tutte le sale degli Stati Uniti, ma poi nessun incantesimo la fermò più: da allora la trovatella perduta nei boschi ha portato a casa più di 935 milioni di dollari. Roba da spaventare persino Grimilde.
Una ragazzina ambiziosa
Adriana Caselotti ha vent'anni, è cresciuta tra note musicali e voci che arrivano dal cielo. Il padre Guido, maestro di canto, emigrato in America da Udine, le ha dato le prime lezioni prima che cominciasse a camminare e, ragazzina, conosce a memoria le arie celebri dell'opera. Anche perchè la mamma e la sorella Louise, che diventerà l'insegnante di canto di Maria Callas, erano soprano. Alla Disney cercano la ragazza perfetta per far parlare e cantare Biancaneve e trovano lei. Origlia una telefonata di papà, gli chiedono se ha qualche nome da segnalare, e va alle audizioni senza credere al lieto fine. Ma quando finisce di cantare la strofa «Un giorno il mio principe arriverà» senza che il direttore musicale, Frank Churchill, suoni una sola nota al pianoforte, restano tutti a bocca aperta. Walt Disney, che ascolta l'esibizione di nascosto, aveva esaminato altre 150 candidate, tra cui attrici famose come Deanna Durbin, che sarebbe diventata la regina dei musical. Vuole una voce giovane ma capace di note alte. La sente cantare e dice: è lei. Spiega: «Ha una cadenza molto particolare: in lei il cantare e il sorridere sono la stessa cosa». La pagano 970 dollari: recita e canta tutte le canzoni. Snow White è la grande scommessa di Walt, quella che può annientarlo o farlo re del mondo, e lui ci lavora come un invasato, attento al minimo dettaglio. Ma la lavorazione del film va molto oltre scadenza e budget previsti; per recuperare il milione e mezzo di dollari necessari a prolungare la produzione per altri tre anni, Disney ipoteca la casa. «Follia Disney» scrivono i giornali, in pochi all'inizio ci credono. Invece è un successo spaventoso, «il più grande film di animazione di tutti i tempi» secondo l'American Film Institute, «culturalmente, storicamente e esteticamente rilevante» per la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, il primo cartoon a vincere un Oscar o meglio un Onorary Academy Award (consegnato da Shirley Temple insieme a sette piccole statuette). Incassa fin da subito così tanto che Disney con i dollari guadagnati acquista i terreni di Burbank dove hanno sede i Walt Disney Studios. «Tutto per Walt Disney è iniziato con lei - spiega lo storico del cinema Brin Sibley nel documentario realizzato per celebrare i 70 anni del film - tutto quello che è arrivato dopo, i cartoni animati di successo, i film fantasy con gli attori, i parchi a tema, è figlio di Biancaneve».
Una sera dolce e amara
Ma quella sera di quasi Natale, che avrebbe dovuto celebrarla come star, Adriana passa totalmente inosservata, senza invito e senza biglietto, messa alla porta come una cenerentola qualsiasi insieme al suo accompagnatore, Harry Stockwell, la voce del Principe Azzurro. Alla rivista Animator Adriana, raccontò quella sera avvelenatata come una mela con ironia e un filo di amarezza: «Pensavamo fosse bello esserci, pensavamo di meritarcelo. Ma all'ingresso ci domandarono: Possiamo avere i vostri biglietti?. E io ridendo: Ma io sono Biancaneve, e lui il Principe Azzurro. Risposero: Non ci importa nemmeno se sei la Strega Cattiva, senza biglietto voi due non entrate. Aspettammo che i guardiani si distrassero e sgattaiolammo dentro il cinema. Ci rincorsero, ma arrivati alla balconata, confusi tra la gente, non ci trovarono più».
Alla fine della proiezione per Walt Disney è standing ovation. Ma per i due ragazzi zero riconoscimenti, nemmeno sui titoli di coda «Disney era convinto che la magia del personaggio sarebbe svanita se il pubblico avesse saputo che avevano una voce umana». Ma la mela avvelenata resta: «Tra il pubblico c'erano stelle come Carole Lombard, Judy Garland, Charles Laughton e Charlie Chaplin, tutti applauditissimi, e io ero in piedi sulla balconata a guardare in basso perché non c'era un posto per Biancaneve...».
Ma in questa favola triste oltre a una strega c'è un altro malvagio. Disney era geloso di Biancaneve e spaventato che Adriana lo superasse in popolarità, lo specchio delle sue brame pretendeva fosse solo lui il centro della scena. Così la fa sparire impedendole per anni di farsi vedere in pubblico e dire chi fosse. Quando viene invitata al Jack Bennet show, una delle trasmissioni radiofoniche più famose dell'epoca, Walt dice no. Il colosso dell'animazione divenne un Everest da scalare per la carriera di Adriana. Strappa due particine ne Il mago di Oz, dove le viene assegnata una sola battuta, e un pezzo cantato in It's a Wonderful Life. Il resto è deserto.
Senza lieto fine
Per uscire dall'isolamento fa causa a Walt. Perde. Si dice però che i due abbiano raggiunto un accordo lontano dai tribunali. Così, quando fu certo non potesse fargli più ombra, Disney però, forse dopo aver raggiunto un accordo extra giudiziale e quando fu certo che Adriana non potesse più fargli ombra, Disney la ingaggiò per un tour promozionale, pettinata e vestita come Biancaneve, fino a quarant'anni. Furono i bambini, più crudeli di Grimilde, a pensionarla: «É vecchia» cominciarono a dire. E i suoi momenti di gloria finirono lì. Le proposero di sfruttare «la voce di Biancaneve» per fare pubblicità alla radio. Rifiutò.
Raccolse qualche successo nella lirica, si sposò quattro volte e quattro volte rimase vedova. A portare via lei, a 81 anni, è un tumore. Roy Disney, figlio di Walt, disse: «Adriana era l'incarnazione di quel meraviglioso personaggio che era Biancaneve». Non era solo la sua voce. Era lei.
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