Per Silicon Valley Bank (Svb) si prevede un'altra asta gestita dalla Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic) dopo quella fallita domenica scorsa. È quanto ha reso noto il Wall Street Journal citando alcune fonti secondo le quali il fondo interbancario avrebbe spiegato ai repubblicani in Senato che intende procedere a una nuova gara.
Intanto la Federal Reserve ha annunciato che il vicepresidente per la supervisione, Michael Barr, sarà alla guida di un'indagine interna su Silicon Valley Bank. I risultati saranno pubblicati entro il primo maggio. «Gli eventi che circondano la Silicon Valley Bank richiedono una revisione approfondita, trasparente e rapida da parte della Federal Reserve», ha dichiarato il presidente Jerome Powell. «Dobbiamo avere umiltà e condurre una revisione attenta e approfondita di come abbiamo supervisionato e regolamentato questa azienda e cosa dovremmo imparare da questa esperienza», ha affermato da parte sua Barr.
Anche se a Wall Street non ha prevalso la paura (il Dow Jones ha perso lo 0,28%), resta comunque il timore che il collasso di Svb - cui ieri si è aggiunta anche la newyorchese Signature Bank - possa generare un effetto a catena dagli esiti devastanti. Non è casuale che a Wall Street siano state messi sotto pressione i titoli bancari di istituti di medie dimensioni con modelli di business assimilabili (cioè con clientela private e corporate) come First Republic, Western Alliance, giunte a perdere oltre il 70% perché in odore di chiusura, ma che hanno poi recuperato (si fa per dire) a un ugualmente preoccupante -62% - 47% rispettivamente.
«Gli americani possono stare tranquilli che il nostro sistema bancario è sicuro», ha detto Joe Biden in una dichiarazione rilasciata ieri mattina dopo che nel weekend la Fed e il Tesoro avevano messo a punto un piano di emergenza per tutelare i correntisti delle due banche, anche quelli con depositi al di sopra dei 250mila dollari, normalmente non assicurati. «I vostri depositi saranno lì quando ne avrete bisogno», ha rassicurato il presidente, illustrando la zona rossa stabilita (per ora) attorno ai due istituti e anticipando che, se necessario, verranno prese altre misure. Biden ha anche voluto chiarire, soprattutto in una fase politica in cui è già iniziato il braccio di ferro con i repubblicani per l'approvazione del Budget 2024, che il costo di queste operazioni «non ricadrà sui contribuenti». Se l'amministrazione si è mossa in fretta per rassicurare correntisti e imprenditori (medio-piccoli) che si affidavano alle due banche (o ad altre che potrebbero fare la stessa fine), non c'è invece speranza per gli investitori. «Non saranno protetti. Sapevano di assumersi un rischio e quando il rischio non ripaga, gli investitori perdono i loro soldi. È così che funziona il capitalismo», ha ricordato implacabilmente il presidente.
Non poteva mancare, nel discorso del presidente, un richiamo a Trump, accusato di avere smantellato parte delle norme contenute nel Dodd-Frank Act, la legge varata da Obama dopo il crack finanziario del 2008. «Chiederò al Congresso e alle autorità di controllo delle banche di rafforzare le regole per gli istituti, per rendere meno probabile che questo tipo di fallimenti accadano di nuovo», ha annunciato. Donald Trump, per il momento, non è entrato direttamente sul terreno della polemica limitandosi a rilanciare sul suo social media Truth una serie di post di suoi follower che accusano Biden di avere orchestrato un bailout, ossia un salvataggio con fondi pubblici. Di salvataggio di Stato parla anche l'altra candidata repubblicana alla Casa Bianca, Nikki Haley. «Joe Biden fa finta che questo non sia un bailout. Lo è», ha scritto in un tweet. La replica da parte della Casa Bianca non si è fatta attendere.
«Le azioni messe in atto dal governo e dalla Fed dopo i crack della Silicon Valley Bank e di Signature Bank non sono un bailout», ha detto la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre, escludendo che la situazione sia paragonabile a quella del 2008 quando si spesero 7.700 miliardi per i salvataggi bancari.
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