Nella vittoria e nella sconfitta, Joe Biden continua a contrapporre la sua «legacy» alla figura di Donald Trump. Il presidente uscente ha usato il suo messaggio di commiato alla nazione, l'ultimo dallo Studio Ovale della Casa Bianca, dopo 50 anni di carriera politica, più per mettere in guardia l'America dai presunti pericoli che si affacciano all'orizzonte, che per rivendicare i meriti di una presidenza, la sua, bocciata dal voto degli americani. Certo, ha ricordato i successi legislativi dei primi due anni, le leggi di spesa da centinaia di miliardi di dollari che hanno rimesso in moto l'economia dopo la pandemia, ma che pure hanno contribuito alla spirale inflattiva. Ha rivendicato il merito del sostegno all'Ucraina contro la Russia e quello dell'accordo per Gaza. Ma il messaggio principale è stato un altro. «Oggi, in America sta prendendo forma un'oligarchia di estrema ricchezza, potere e influenza ,che minaccia letteralmente l'intera democrazia, i nostri diritti e le nostre libertà fondamentali e una giusta possibilità per tutti di andare avanti», il monito lanciato da dietro il «resolute desk». «Ne vediamo le conseguenze in tutta l'America, e le abbiamo già viste prima». Il riferimento evidente è ai supermiliardari della Silicon valley, i vari Marc Adreessen, Peter Thiel, Mark Zuckerberg, Jeff Bezos e, naturalmente, Elon Musk. Non ne fa i nomi, come non ne fece Dwight Eisenhower nel suo messaggio di addio nel denunciare il «complesso militare-industriale» che minacciava la democrazia Usa, ma sono loro i padroni, secondo Biden, di un «complesso tecnologico-industriale che potrebbe rappresentare un pericolo reale per il nostro Paese».
Se c'è del vero nelle parole del presidente, c'è anche scarsa memoria. I nuovi «baroni ladri», come nel 19esimo secolo venivano chiamati i monopolisti come John Rockefeller e Andrew Carnegie, coloro che con le loro piattaforme tech «sommergono gli americani sotto una valanga di disinformazione e informazioni errate, consentendo abusi di potere», e che oggi affollano la nuova corte di Trump, sono gli stessi che per anni hanno sostenuto i Democratici con i loro endorsement e le loro mega donazioni. Allora, non erano percepiti come un pericolo. E se questi «baroni ladri» oggi detengono le chiavi della nuova tecnologia che trasformerà il mondo, quell'intelligenza artificiale che «potrebbe generare nuove minacce ai nostri diritti», è pur vero che ben poco è stato fatto dall'Amministrazione uscente in questi ultimi quattro anni per fissare delle regole per l'IA, in contrasto con quanto sta invece avvenendo in Europa.
Nel discorso di commiato ci sono tutte le contraddizioni della presidenza di Joe Biden, che si era proposto nel 2020 come un presidente moderato, di «transizione» tra la prima presidenza Trump e una nuova America e, incalzato dall'ala progressista dei Dem ha voluto in corsa diventare un presidente «trasformativo», essendo però troppo anziano per il ruolo e per un secondo mandato, del quale è invece rimasto convinto fino all'ultimo.
La freddezza con la quale i media liberal stanno salutando gli ultimi giorni della sua Presidenza è la conferma che, anche agli occhi dei Democratici, la sconfitta del 5 novembre cade più sulle sue spalle che su quelle di Kamala Harris.
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