Quel black out tra capostazione e macchinista

Problema di comunicazione. Raddoppio della tratta previsto dal 2009, lavori mai iniziati

Quel black out tra capostazione e macchinista

Bari Binario unico. E morto. La tratta ferroviaria che ieri s'è trasformata nel cimitero dei pendolari è una lama d'acciaio di 70 chilometri nelle campagne pugliesi sperse tra Bari e Barletta, in un territorio che si estende per 400 chilometri quadrati, popolato da 700mila anime.

L'ipotesi è quella dell'errore umano. Quella tratta ha un buco nel sistema automatico che si usa di solito. Tra quelle due stazioni il distanziamento tra i treni, ovvero la circolazione, non avviene automaticamente ma tramite telefono, con quello che in ferrovia si chiama «blocco telefonico»: uno scambio telefonico tra capistazione permette di far circolare un treno e di bloccarne l'altro. L'errore può essere stato causato dal comando errato di uno dei due capistazione oppure da uno dei due macchinisti che non ha compreso l'ordine o che è partito troppo in anticipo.

Da queste parti, con incauto ottimismo, la chiamano metropolitana. Tutto di proprietà, e comunque sotto la gestione, di una società privata, la Ferrotramviaria spa, costituita a Roma nel 1936 su impulso di Ugo Pasquini, conte di Costafiorita ma con la passione per le rotaie di Puglia e già nel 1931 tra i principali azionisti e fondatore delle Ferrovie del Sud-Est, oggi divorate dagli scandali per le consulenze d'oro dispensate a piene mani.

Sulla metronord barese il traffico è regolato dai computer. Lo Stato tiene per sé il controllo della sicurezza, e questo non mancherà di far discutere - nelle prossime ore - sul ruolo del dicastero guidato da Graziano Delrio: la vigilanza è affidata all'ufficio speciale trasporti impianti fissi, organo periferico del ministero delle Infrastrutture, ma non all'Agenzia nazionale per la sicurezza delle Ferrovie, soggetto tecnicamente indipendente rispetto agli operatori del settore del trasporto ferroviario. Il resto, invece, è tutto saldamente nelle mani dei Pasquini.

Della settantina di chilometri di rete elettrificata (ultimata nel 1965 e inaugurata dall'allora presidente del Consiglio Aldo Moro) che la Ferrotramviaria detiene e fa fruttare in forza di un contratto di servizio stipulato con la Regione Puglia, poco meno d'una quarantina sono a doppio binario. Il resto, invece, sia pur con le migliorie del caso, è ancora come il conte Ugo lo fece: un binario solo. Eppure, ricorda sul suo sito internet la società romana, già nell'ambito della programmazione dei fondi europei della stagione 2007-2013 ben 180 milioni erano stati ritagliati per realizzare, tra l'altro, il raddoppio della tratta Corato-Barletta, proprio quella teatro della strage.

«Collaudo previsto entro il 2015», si legge nella sezione dedicata (evidentemente non aggiornata), ribattezzata col nome dell'opera: «Grande Progetto».

Ma di grande, allo stato, ci sono solo i ritardi. Non a caso, lo scorso marzo il direttore generale di Ferrotramviaria, Massimo Nitti, aveva disegnato nuovi scenari.

La morte e il destino, che non conoscono burocrazia, hanno fatto prima.

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