Mosca. «La centrale nucleare di Zaporizhzhia è nelle nostre mani». L'annuncio di Mosca seguito dall'insediamento nella sala di controllo di Zaporizhzhia di dodici ingegneri di Rosatom, la società statale russa dell'energia atomica, non lascia spazio a dubbi. Le centrali atomiche dell'Ucraina sono uno dei principali obbiettivi di Mosca. La prima a cadere nei primi due giorni di combattimenti era stata Chernobyl. In quel caso nessuno si era stupito troppo. La centrale, situata ad appena dieci chilometri dal confine bielorusso, si trova sulla strada più diretta per Kiev ed è circondata da un'area d'esclusione di 5mila chilometri quadrati, in gran parte disabitata, facilmente accessibile alle colonne di carri armati, blindati e rifornimenti. Quando la mattina del 3 marzo, un'unità delle forze speciali russe ha attaccato Zaporizhzhia, spingendosi ben oltre le linee controllate allora dalle truppe russe, si è però capito che le centrali atomiche erano nel mirino. E così, a breve, potrebbero iniziare le manovre per mettere le mani anche sull'impianto di Yuzhnoukrainsk, il secondo più grande del paese dopo Zaporizhzhia, situato 350 chilometri a sud di Kiev. In questo modo al governo di Zelensky resterebbero solo la centrale di Rivne e quella di Khmelnytskyi situate in quel nord ovest dell'Ucraina escluso dai piani di conquista di Mosca.
Ma qual'è il motivo di questa corsa al controllo delle centrali? La ragione principale è il ridimensionamento e il controllo di quelle capacità energetiche di Kiev che dipendono, per oltre il cinquanta per cento, dai reattori nucleari. La centrale di Zaporizhzhia, passata ieri sotto il controllo degli ingegneri di Rosatom, è la più grande d'Europa e la nona del mondo per capacità produttiva. Dotata di sei reattori è in grado di garantire al paese oltre 6mila megawatt, ovvero oltre un quinto dell'energia elettrica consumata in Ucraina. Mettendo le mani anche sui tre reattori di Yuzhnoukrainsk, dai quali arrivano altri 2850 megawatt, i russi controllerebbero, insomma, più della metà del patrimonio energetico dell'Ucraina. La conquista, o l'assalto di Yuzhnoukrainsk, è un'eventualità tutt'altro che remota. Solo quattro giorni fa alcune avanguardie russe hanno attaccato la periferia di Voznesensk, una città che si trova solo 30 chilometri a sud della centrale, ma ben 70 chilometri più a nord di quel fronte di Mykolaiv considerato, fino a giovedì, il punto più settentrionale raggiunto dalle truppe russe mossesi dalla Crimea occidentale. Nel mirino di quella testa di ponte potrebbe esserci proprio la seconda centrale più grande dell'Ucraina.
A quel punto a Mosca basterebbe premere qualche bottone per lasciare al buio e al freddo Kiev e le altre città che ancora resistono. Ma l'obbiettivo finale va ben al di là delle operazioni militari. La centrale di Zaporizhzhia e Yuzhnoukrainsk sono il cuore energetico del bacino industriale e produttivo sud-orientale su cui si va stringendo la morsa russa. Per capirlo basta una cartina. La morsa ha cominciato a chiudersi, fin dal primo giorno di guerra, intorno a Kharkiv, la seconda città del Paese, sede storica degli impianti metallurgici e delle grandi fabbriche di armi dell'Urss prima e della Russia poi. Da Kharkiv si è allargata a Mariupol e Odessa, due porti grazie ai quali Mosca controllerebbe tutta la costa settentrionale del Mar Nero. Perdendoli Kiev si ritroverebbe senza più sbocco al mare. E al centro di quella tenaglia militare c'è Dnipro il grande centro industriale su cui sono incominciate a cadere le bombe solo 48 ore fa.
Insomma le due grandi centrali nucleari del sud-est sono il cuore
energetico di quelle regioni ricche e produttive a est del fiume Dniepr su cui Mosca vuole mettere le mani. Per lasciare a Zelensky e ai suoi il controllo di un'Ucraina occidentale industrialmente e commercialmente inutile.
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