Cose curiose accadono nella galassia Consip dove gli indagatori (il pm Woodcock e il carabiniere Scafarto) son finiti indagati e dove gli indagati (Romeo) si sono rivolti agli indagatori per fare chiarezza sugli scoop in serie del Fatto Quotidiano.
Ieri mattina la Procura di Napoli ha perquisito l'abitazione romana del giornalista Marco Lillo che, in forza di un provvedimento firmato dal pm Graziella Arlomede e dal procuratore aggiunto Alfonso D'Avino, è stato costretto a consegnare alla guardia di finanza anche i suoi due cellulari. Il nuovo filone riguarda la fuga di notizie relativa alla pubblicazione del libro di Lillo Di padre in figlio, che contiene la telefonata intercettata tra Matteo e Tiziano Renzi. Telefonata che non era stata trascritta e tantomeno trasmessa alla Procura di Roma, che già a inizio anno aveva ereditato il fascicolo sulle mazzette attorno agli appalti della centrale pubblica d'acquisto.
Il cronista non sarebbe indagato perché gli inquirenti sono a caccia di un «pubblico ufficiale al momento non identificato che, avvalendosi illegittimamente di notizie non comunicabili in quanto coperte dal segreto investigativo, riferibili ad atti depositati presso l'autorità giudiziaria di Napoli» le avrebbe indebitamente «propagate all'esterno». La Procura partenopea si è attivata sulla base di un esposto presentato dagli avvocati di Alfredo Romeo, per «verificare ha sottolineato Giovanbattista Vignola, che assiste insieme ai colleghi Francesco Carotenuto e Alfredo Sorge l'immobiliarista partenopeo se all'origine delle notizie contenute nel libro vi possano essere stati dei reati, come la violazione del segreto d'ufficio o altri». Nel volume, uscito in edicola il 18 maggio scorso, ci sono infatti dettagli delle informative del Noe del 9 gennaio 2017, del febbraio successivo e di altre annotazioni sugli affari dell'imprenditore napoletano imputato di corruzione. I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria che hanno bussato alla porta di Lillo si sono messi alla ricerca dei documenti cartacei ed elettronici per risalire alla «talpa». L'informativa del 9 gennaio ha spiegato il giornalista «era in possesso di tutti i grandi giornali italiani dal giorno prima rispetto a quando l'ho avuta io». «C'è un altro telefonino quello di Tiziano Renzi, che è accusato da mesi di traffico di influenze dalla Procura di Roma e che, però, non è stato mai preso perché evidentemente ha concluso interessano più il mio telefonino e quello di Federica Sciarelli di quello di Tiziano Renzi».
La mossa dei pm partenopei arriva a due giorni dall'interrogatorio di Woodcock in Procura a Roma, fissato per domani, nell'ambito del filone sulla rivelazione di segreto investigativo, in cui è coinvolto insieme alla conduttrice di «Chi l'ha visto?». Sullo stesso reato indagano, quindi, due diversi uffici giudiziari, che rivendicano, ognuno per sé, la competenza territoriale. Roma ha messo sott'inchiesta Henry John, mentre Napoli, che mantiene comunque la titolarità di uno stralcio del procedimento su Romeo, ha preso tutt'altra strada, scandagliando gli ambienti della polizia giudiziaria.
Un evidente cortocircuito che rischia di alzare ulteriormente la tensione, considerato che l'iscrizione del magistrato anglonapoletano a Piazzale Clodio risale ad aprile. I pm partenopei avrebbero potuto trasmettere l'esposto degli avvocati di Romeo a Roma, ma hanno deciso diversamente. Creando, di sicuro in maniera involontaria, un muro a difesa delle sue prerogative e dei suoi uomini.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.