Schiaffo del Movimento 5 Stelle alla sua stessa base. Nella notte tra venerdì e sabato l'assemblea del movimento milanese ha cambiato in corsa, su indicazione del presidente Giuseppe Conte, la candidata sindaco per la sfida delle comunali milanesi del 3 e 4 ottobre. Sarà Layla Pavone e non più Elena Sironi, consigliera uscente del Municipio 4 e indicata dagli attivisti, la candidata sindaca del M5s per Milano. Con un blitz Conte ha imposto la sua linea verticistica mascherata da «logica politica tattica» proponendo la sua candidata, che fa parte del Cda del Fatto di Marco Travaglio, contro quella indicata il 10 agosto dagli attivisti. Alla Sironi viene affidata anche l'operazione di maquillage per nascondere lo «scacco matto» del presidente e del direttore del Fatto, in una riunione che ha escluso gli attivisti stessi all'ombra della Madonnina. Così Sironi «sconfitta» in partenza e «retrocessa» a capolista racconta la sua versione edulcorata: «Dopo l'intervento di Giuseppe Conte e le sue risposte alle domande, vi è stata la presentazione di Layla Pavone con un lungo momento di confronto, al quale si è deciso di far seguire una votazione che ha dato un esito largamente favorevole al passaggio di testimone a Pavone. Nella consapevolezza che il gruppo M5s di Milano mi avrebbe comunque sostenuta - racconta Sironi - se avessi deciso di imporre la mia candidatura, prima della votazione ho espresso il mio parere riconoscendo il valore aggiunto che Layla Pavone potrebbe portare in questa sfida elettorale e ho lanciato l'invito ad esprimersi liberamente».
Ecco allora che la scelta di Pavone, amministratore delegato di Industry Innovation di Digital Magics, consigliere di Italia Startup, oltre che consigliere d'amministrazione di Seif, la società editrice del Fatto Quotidiano, vuole essere una strizzata d'occhio al mondo delle piccole e medie imprese. Proprio quel mondo produttivo che Conte diceva di aver dimenticato nel suo mea culpa ad alta voce di qualche giorno fa: «A Milano il Movimento ha conseguito dei risultati non propriamente brillanti. E le ragioni sono molteplici. Di certo non siamo riusciti ad ascoltare con sincera attenzione i bisogni dei cittadini milanesi, delle varie fasce sociali e, in particolare, del ceto professionale e imprenditoriale. Anzi. Abbiamo pagato la diffusione dello stereotipo di un Movimento poco attento alle necessità del tessuto imprenditoriale e produttivo».
La candidatura della manager, spiega il capogruppo M5s in Regione Lombardia Massimo De Rosa, rappresenta quindi «un primo tassello di rinnovamento del nostro Movimento», aperto «alla società civile» pur mantenendo «la tradizione che da sempre contraddistingue la nostra anima movimentista». Ma non certo quella che era un principio cardine del movimento: quell'«uno vale uno», che sembra essersi trasformato in «uno decide per tutti» come sottolinea la candidata sindaco nel 2016 sempre a Milano Patrizia Bedori. «Come da copione, è arrivata la nomina calata dall'alto. Già tutto deciso. Altrove. Perché mai una manager accetta di diventare consigliera del Comune di Milano? - si chiede maliziosamente l'ex grillina -.
Non darà mica le dimissioni appena eletta? Non è che per caso la logica di politica tattica nasconde un accordo pre-elettorale nelle segrete stanze per dare un posto in giunta alla nuova candidata?». Così da vedere sarà l'eventuale alleanza con Beppe Sala al ballottaggio. «Non è adesso il momento di pensarci - replica il sindaco uscente -. Cominciamo ad andare bene alle elezioni, poi si vedrà».
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