Blitz a Palermo, 180 arresti. "Lo Stato c'è e non arretra"

Retata record dai tempi di Buscetta, azzerati clan storici. Meloni esulta: "La lotta ai boss non si ferma e non si fermerà"

Blitz a Palermo, 180 arresti. "Lo Stato c'è e non arretra"
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Non è più la mafia di una volta, ma Cosa nostra sa sempre sorprendere. I boss parlavano dalle loro celle con telefonini criptati. E così fino a ieri sfuggivano ad ogni controllo. Però le intercettazioni rivelano che avevano consapevolezza dei propri limiti: «Ma tu devi campare con la panetta di fumo, cioè così siamo ridotti?».

C'è il passato e la nostalgia per il mito: «Se tu guardi il Padrino, il legame che aveva, non era il capo assoluto, lui è molto influente per il potere che si è costruito».

Poi c'è il presente, senza morti e stragi ma pur sempre con la capacità di succhiare la ricchezza al territorio e infettarla con un'economia malata, fra pizzo, giochi on line e narcotraffico.

Ieri scatta la maxi retata della procura di Palermo e in carcere finiscono 181 persone. Un record dai tempi di Buscetta. Vengono colpiti i mandamenti storici di Palermo e provincia: Porta Nuova, San Lorenzo, Bagheria, Terrasini, Pagliarelli.

Giorgia Meloni esprime tutto il proprio plauso: «È stato inflitto un colpo durissimo a Cosa Nostra, un risultato che conferma l'impegno incessante dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata».

Poi la premier si sofferma su un'altra intercettazione in cui un imprenditore, Angelo Barone, forse avvertito che presto sarà arrestato, si prepara alla fuga che per fortuna finirà con le manette ai polsi: «Io me ne vado, l'Italia per noi è diventata scomoda, io me ne devo andare perché non intendo assolutamente perdere quello che ho creato fino ad oggi». Quelle frasi sono per la premier «un segnale chiaro: la criminalità organizza è alle strette, la lotta alla mafia non si ferma e non si fermerà».

Il quadro è frastagliato e contraddittorio. Non c'è più la cupola provinciale, ma si afferma un modello ibrido, insomma «la partnership forte con la Ndrangheta e con chi gestisce il commercio di droga», come spiega il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo.

Gli uomini d'onore, almeno a sentire i dialoghi che sono quasi lo specchio di quel modo, non sono più quelli di una volta: «Il livello è basso, oggi arrestano a uno e si fa pentito - va a ruota libera il capomafia di Brancaccio Giancarlo Romano - il livello é misero, ma di che stiamo parlando?». Poi però si scopre che i capi e i soldati dell'organizzazione criminale dispongono di telefonini con software di ultima generazione, comunicano con l'esterno e attraverso i familiari si mettono in contatto con altri uomini d'onore. La struttura è meno compartimentata, più fluida, ma la tecnologia offre soluzioni inimmaginabili per chi è dietro le sbarre: il boss di Porta Nuova Calogero Lo Presti ordina un pestaggio dalla prigione e poi, con una incredibile videochiamata, assiste pure al massacro dello sventurato.

Per fortuna, due picciotti, visto il malfunzionamento dell'apparecchio che hanno fra le mani, ne prendono un altro e fanno i nomi dei loro interlocutori, fornendo molto materiale al Comando provinciale dei Carabinieri che firma la storica inchiesta.

Ci sono più di quaranta taglieggiamenti documentati, a fronte di poche denunce, il narcotraffico e l'acquisto di armi sul dark web, le scommesse in rete. E quella falla inquietante fuori dal perimetro del 41 bis ma dentro quello dell'alta sicurezza. Ancora Melillo spende parole sconvolgenti: «Il sistema dell'alta sicurezza è assoggettato al dominio della criminalità».

Ci saranno nuovi arresti?

I 5 Stelle esultano: «La maxi operazione è un grande risultato - affermano i rappresentanti del Movimento nelle Commissioni giustizia di Camera e Senato - che dimostra però come la mafia stia

tornando a comandare». Più critico Il Pd: «Quanto emerso - spiegano i componenti dell'Antimafia - evidenzia la gravissima situazione delle carceri. Il governo prenda immediatamente provvedimenti, con meno proclami e più fatti».

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