Lo scorso aprile il decreto Delrio aveva tolto molte competenze alle province italiane, in attesa di essere cancellate. Per rimuoverle dalla cartina geografica italiana, però, non basta un decreto legge, serve una riforma della Costituzione. E questa riforma, ormai si è capito, tarderà ad arrivare. Ma che fine fanno le province? Continuano ad esistere. Continueranno ad avere un presidente e un consiglio, che però non saranno votati dai cittadini ma dagli amministratori locali. Dunque l'elezione del presidente della provincia sarà un po' come quella del presidente della Repubblica, cioè indiretta.
I nuovi presidenti delle province, e i nuovi consigli provinciali, saranno votati il 12 ottobre. O meglio, li voteranno il 12 ottobre. I cittadini delle 64 province in cui si sceglieranno i nuovi legislatori non potranno farlo. A votare saranno i sindaci e i consiglieri comunali del territorio. Ma una cosa nelle nuove elezioni sarà "vecchia": la spaccatura all'interno dei partiti. A Massa Carrara, ad esempio, il Pd presenta due diversi candidati, e lo stesso a Frosinone. A Verona o a Bergamo Forza Italia presenta due diversi candidati.
Il decreto, comunque, ha suscitato polemiche fin dall'inizio. "L'abolizione ci farà risparmiare 3,5 miliardi di euro", ha detto Delrio. Falso, ha risposto l'Unione Province, "solo 32 milioni di euro".
Di sicuro i nuovi enti che si vengono a creare continueranno ad occuparsi della pianificazione territoriale. Dieci province, inoltre, diventeranno Città Metropolitane: Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Torino, Reggio Calabria, Roma e Venezia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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