Tra le foto della sua pagina Facebook campeggia lo slogan simbolo del programma grillino e che descrive anche quello del papabile futuro ministro della Giustizia: «Basta prescrizione». Ma lo stop della clessidra sui processi non è una bandiera sufficiente per capire il profilo di Alfonso Bonafede, Guardasigilli in pectore. Siciliano di Mazara del Vallo, fiorentino d'adozione, classe 1976, Bonafede è avvocato, braccio destro di Luigi Di Maio e molto vicino a Giuseppe Conte, il nominato dai cinque stelle per Palazzo Chigi: nei cinque anni alla Camera si è battuto per l'inasprimento delle pene contro la corruzione e per la madre di tutte le battaglie M5s, l'evasione fiscale. Oltre al decalogo grillino che prevede l'introduzione degli agenti provocatori contro i corruttori e il carcere per chi evade, porta la sua firma anche la proposta di legge presentata nella scorsa legislatura a Montecitorio per «consentire il sequestro e la confisca dei beni di cui il condannato in via definitiva non sia in grado di giustificare la legittima provenienza e di cui risulti essere titolare o avere la disponibilità». Lo stesso provvedimento con cui Bonafede voleva abbassare le cifre, innalzate da Renzi, «sotto le quali non si configura il reato tributario», e con cui ripristinare la soglia dei contanti a mille euro.
La sua firma è in calce pure al ddl per abolire uno dei cardini della giustizia italiana: il divieto della reformatio in peius, secondo cui un giudice in appello non può riformare la sentenza di primo grado con una pena peggiorativa. Potrebbe essere lui l'inquilino di via Arenula: un bel salto da quando nel 2009 si era candidato a sindaco di Firenze contro Renzi. Allora il M5s rimase sotto il 2% e fuori dal consiglio comunale.
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