Da boss del Brenta al debutto come attore: "Rinasco con un film"

Giampaolo Manca, 37 anni passati in cella, protagonista di una pellicola girata a Venezia

Da boss del Brenta al debutto come attore: "Rinasco con un film"

Quando incontriamo Giampaolo Manca è in lacrime sulla porta di un albergo di Venezia. Sta parlando con la regista Rebecca Basso che gli sta dando indicazioni su come girare le scene del trailer del suo film. Giampaolo Manca è stato un esponente di spicco della Mala del Brenta. L'organizzazione criminale che dagli anni 70 ai 90 terrorizzò il Nordest. Rapine, sequestri, omicidi anche di persone innocenti, traffico di droga. Giampaolo Manca ha 67 anni. Di cui quasi 37 li ha passati in carcere. Dodici in isolamento. Entrato nel carcere minorile per la prima volta nel 1970 perché sorpreso a rubare in una famiglia nobile di Venezia, da lì è tutto un andirivieni nelle carceri di massima sicurezza. L'ultima parte del periodo carcerario l'ha passato in una comunità di Rimini. Poi tornato in carcere per un po' di tempo ha iniziato a scrivere. A buttare fuori, nero su bianco quello che lo martoriava e continua a martoriarlo dentro. Ha scritto più di 4mila pagine. Come un fiume in piena che non arresta la corsa. Una terapia la sua insieme alla lettura che l'ha aiutato. «Dall'inferno e ritorno», il suo primo libro, da lui edito. Quando quel giorno le sbarre del carcere si sono aperte, al cancello c'erano la moglie Manuela e il figlio Armando. Manuela l'ha aspettato per 37 anni. Si sono conosciuti quando lei di anni ne aveva 16. Anche lei compare in questo docufilm. La casa produttrice è la Emera Film. Una squadra di ragazzi in gamba sotto la guida di Rebecca che non si perde in chiacchiere. A terra ci sono luci, cavi, macchine da presa, microfoni. Azione. Stop. Rifacciamo. Le riprese durano a lungo. C'è anche il nipotino di nove mesi, il figlio di Armando. Ma cosa l'ha cambiato? «Un giorno in carcere accadde una cosa molto dolorosa. Mia moglie mi chiama e mi dice: «Tuo padre è in coma. Ha un tumore. È stato operato. Chiamo il sacerdote e gli dico se mi poteva aiutare». Da lì parte il suo percorso. Giampaolo chiede aiuto al Padre anche per il fratello. Poi il 13 maggio dell'anno scorso, il giorno del compleanno del figlio, scopre di diventare nonno. «A 67 anni Dio ha deciso che diventassi nonno. Ero pronto. Anche questo è un altro dono. Io so che lui mi ha perdonato. Ma sono io che non mi perdono». Ma perché lo faceva? «All'inizio era un gioco. Mio padre era un violento. Io ho fatto la quinta elementare. Sono cresciuto ribelle. Andavo nelle chiese a rubare i quadri. Mi chiamavano il Doge. Poi da un gioco divenne un lavoro. Prendevo un sacco di soldi. Per il male che ho fatto anche se mi avessero dato 50 anni andava bene lo stesso». Giampaolo non ha voluto sconti. Collaborazioni. Tradito dal numero uno della Mala, faccia d'angelo, Felice Maniero. Ora Giampaolo con questo film per cui si cercano fondi e con i libri che ha scritto, in uscita il terzo «Il mio tour carcerario», ha deciso di aiutare i bambini in difficoltà. Costruirà una struttura per ragazze madri e per bambini autistici. «Porto questo messaggio alle nuove generazioni. Vado nelle scuole. Nelle chiese. Nelle università. Per dire ai ragazzi, vi prego, le strade per essere migliori non sono di certo quelle che ho percorso io. Andate a scuola. Nella vita non si può ottenere tutto subito. Devi lavorare. Impegnarti. Ci sono sacrifici da fare».

Quando è uscito di galera quel giorno ha chiesto un vassoio di croissant. «Il 4 marzo 2018 sono diventato un uomo libero. Alle otto di sera a casa. Non sapevo nemmeno fare le scale. Però potevo farmi la doccia senza chiedere il permesso».

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