È una poltrona sempre più in bilico quella di Francesco Basentini, numero uno del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, finito nella bufera dopo la scarcerazione di alcuni boss eccellenti, favorita dall'emergenza Covid. Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha chiesto al Consiglio Superiore della Magistratura di destinare al ruolo di vicecapo del Dap, Roberto Tartaglia, 38 anni, oggi consulente della commissione antimafia, dove si è occupato tra l'altro della desecretazione degli atti su Falcone e Borsellino.
Un nome forte, insomma, con una storia professionale legata a doppio filo a Palermo, il cui curriculum suona come una sorta di commissariamento di Basentini, che potrebbe essere sul punto di dimettersi dopo essere già finito nei guai a marzo per la gestione delle rivolte nelle carceri e ora più che mai nel mirino a causa delle polemiche sollevate dalle scarcerazioni e il dibattito sulla necessità di trovare un equilibrio tra l'espiazione della pena e la prevenzione del contagio nelle carceri. «L'indicazione di Tartaglia quale vice capo del Dap è un chiaro e determinato segnale di cambio di passo», dice il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra. Il magistrato, originario di Napoli, è stato per dieci anni sostituto procuratore a Palermo, seguendo indagini e processi legati agli assetti mafiosi più attuali. Si è occupato di alcuni dei mandamenti più importanti del capoluogo siciliano e del processo sulla trattativa Stato-Mafia. Ma soprattutto ha gestito numerosi detenuti sottoposti al regime del 41 bis, tra cui Salvatore Riina, Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano, i Madonia e Salvatore Lo Piccolo. Ha fatto anche parte della Direzione distrettuale antimafia e partecipato ad incontri internazionali per illustrare all'estero la disciplina italiana in materia di criminalità organizzata. Non una scelta a caso, dunque, quella di Bonafede, ma una contromossa studiata per superare un momento assai delicato del Dap.
Adesso bisogna aspettare il via libera di Palazzo dei Marescialli, ma è solo una formalità, poi Tartaglia affiancherà Basentini, l'uomo della discordia da quando lo scorso 21 marzo una circolare del dipartimento ha chiesto ai direttori dei penitenziari di segnalare i detenuti ultra-settantenni, senza però distinguere tra quelli ancora pericolosi. La circolare, in tempi di coronavirus, è stata interpretata come una sorta di via libera alla scarcerazione dei più malandati per cercare di arginare l'infezione negli istituti di pena. Il risultato è stata la liberazione di centinaia di detenuti, mandati a casa a scontare la pena, ma anche di alcuni boss, tra i quali Pasquale Zagaria, del clan dei Casalesi. Contro le scarcerazioni si sono scagliati però i magistrati che si occupano di mafia, i familiari delle vittime e le opposizioni.
Tanto che il governo sta cercando di correre ai ripari preparando un decreto, forse in arrivo già domani, che prevede l'obbligo da parte del magistrato di sorveglianza, nei casi in cui il detenuto da esaminare sia stato condannato per reati mafiosi, di chiedere un parere alla Superprocura, che a sua volta dovrà sentire le Distrettuali Antimafia, per avere un quadro completo sulle persone che chiedono di uscire e sulla possibilità che possano riprendere i contatti con i clan.
Un passaggio, però, che non piace a Forza Italia, contraria ai «pm che decidono le scarcerazioni».
«È costituzionalmente impensabile che il governo possa solo immaginare di attribuire pareri rafforzati o poteri di veto all'organo requirente in ordine alle decisioni della magistratura di sorveglianza», attaccano gli azzurri Enrico Costa e Francesco Paolo Sisto.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.