Brigate e blasfemia. La deriva estremista indigna i moderati: D'Amato apre la fuga

"Brigatisti" civici col passamontagna sul viso. Europa "serva degli Usa" sulla guerra in Ucraina. E donne incinte crocifisse issate alle spalle del sindaco Pd

Brigate e blasfemia. La deriva estremista indigna i moderati: D'Amato apre la fuga
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«Brigatisti» civici col passamontagna sul viso. Europa «serva degli Usa» sulla guerra in Ucraina. E donne incinte crocifisse issate alle spalle del sindaco Pd. La nuova deriva radicale dei dem, certificata anche dalla partecipazione di Elly Schlein al comizio di Grillo (e alle affermazioni di Moni Ovadia sulla guerra), non piace ai moderati di via del Nazareno, e così fioccano non solo le polemiche ma anche qualche addio, altrettanto polemico, che rischia di sfasciare il partito.

Poco più di un mese fa a sbattere la porta era stato il senatore Enrico Borghi (passato a Italia Viva), che due giorni fa non ha mancato di criticare Schlein per aver «rincorso» i pentastellati offrendo «solidarietà» ai riformisti del Pd. E ieri il dietro-front è stato quello di Alessio D'Amato (in foto), ex assessore alla Sanità con Zingaretti governatore laziale, che ha deciso di voltare le spalle al suo partito il giorno dopo la decisione di Elly Schlein di scendere in piazza con Conte e i pentastellati, facendosi immortalare proprio davanti al palco dove prima Grillo ha «rievocato» i brigatisti e poi Moni Ovadia ha tirato in ballo le responsabilità dell'Occidente sull'invasione russa dell'Ucraina.

«Ho comunicato a Stefano Bonaccini le mie dimissioni dall'Assemblea nazionale del Pd. Brigate e passamontagna anche No. È stato un errore politico partecipare alla manifestazione dei 5S. Vi voglio bene, ma non mi ritrovo in questa linea politica», twitta rassegnato D'Amato, aprendo la frattura tra l'anima riformista dem e la rotta radicale sposata dalla segretaria.

E, come detto, l'ex candidato del Pd a governatore del Lazio, sconfitto a febbraio da Francesco Rocca, non è il solo a prendere le distanze dalla scelta della nuova leader dem. Già a caldo Pina Picierno aveva chiarito di non gradire affatto la nuova linea del suo partito. L'europarlamentare Pd, infatti, pur ammettendo che «unire le opposizioni è fondamentale», e dunque concedendo una ragione alla presenza in piazza di Schlein, aveva aggiunto caustica, sempre su Twitter: «Ma intorno a cosa ci uniamo? Alle parole aberranti di Moni Ovadia sull'Ucraina o alle farneticazioni di Beppe Grillo sui passamontagna?». E non aveva apprezzato quanto accaduto in piazza a Roma nemmeno il presidente del Copasir ed ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini. «Non polemizzo sul fatto che si sia deciso di partecipare, seppur nella fase iniziale della manifestazione, senza averne discusso. Non posso però non rimarcare la mia distanza siderale da ciò che è stato detto sulla guerra di Putin all'Ucraina. Il Partito Democratico è dalla parte dell'Ucraina, della sua lotta per la libertà e per la sovranità del suo popolo», aveva commentato l'esponente Pd. Incassando a stretto giro di posta il plauso di Simona Malpezzi, ex capogruppo Pd a Palazzo Madama, sostituita con Francesco Boccia proprio dalla Schlein e «avvisata» a mezzo stampa. «Condivido totalmente le parole di Guerini», il commento della senatrice dem, «noi siamo dalla parte dell'Ucraina, a sostegno della sua libertà e per la sovranità del suo popolo. Su questo non possono esserci ambiguità». Al coro dei dem insoddisfatti si uniscono due ex parlamentari come Alessia Morani (che si è detta «molto, molto imbarazzata» per quanto successo alla manifestazione di Roma) e Stefano Ceccanti («Non si può qui usare un linguaggio che allude alla giustificazione della violenza neanche per scherzo», ha spiegato il costituzionalista).

Ma i segnali di un nuovo corso radicale del Pd sembrano arrivare non solo dalla piazza della capitale.

Al gay pride di Torino, infatti, dietro al sindaco dem Stefano Lo Russo che marciava in prima fila, nelle foto fa bella mostra di sé un cartello con l'immagine di una donna incinta nuda crocifissa, la stessa apparsa sulla copertina dell'Espresso nel gennaio 1975, in piena campagna per l'aborto. A esporla, insieme al cartello «Nato frocio», il consigliere comunale Silvio Viale, storico esponente radicale e dem.

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