Brutta aria sul Recovery fund. Più lontani i fondi all'Italia

I diktat di Conte cadono nel vuoto: già a rischio la riforma fiscale. Pil, l'Istat ritocca al ribasso le stime

Brutta aria sul Recovery fund. Più lontani i fondi all'Italia

«L'Italia non permetterà a nessuno di ritardare l'attuazione del Next generation Eu». Le parole del premier Giuseppe Conte al termine del Consiglio Ue straordinario di Bruxelles sono sintomatiche del terrore che sta assalendo la maggioranza di governo. I tempi per l'approvazione del Recovery Fund si stanno pericolosamente allungando e per l'Italia ogni giorno di ritardo potrebbe essere esiziale per i conti pubblici, alla luce della grave situazione economica certificata dall'Istat che ha rivisto al ribasso i dati del Pil nel secondo trimestre, caratterizzato dal lockdown.

«Dobbiamo lavorare - ha aggiunto Conte - perché il programma possa essere attuato in tempi rapidi: questo significa approvare al più presto tutte le previsioni regolamentari, ma questi interventi attuativi non possono, lo dico con chiarezza, assolutamente mettere in discussione un impegno politico solenne». Conte è stato dettagliato nel sintetizzare quelli che saranno i prossimi e non troppo brevi passaggi. Il primo sarà l'approvazione definitiva della struttura di Next Generation Eu (che funzionerà come un fondo di investimento chiamato a finanziarsi direttamente sul mercato) che la presidenza di turno dell'Unione affidata alla Germania di Angela Merkel spera di chiudere entro ottobre. Alcune risorse, però, arriveranno come parte del bilancio Ue 2021-27 sul quale ancora non c'è un'intesa. Alla fine il Recovery Fund dovrà essere ratificato dai Parlamenti nazionali. Ultimo ma non meno importante c'è la questione del rispetto dello stato di diritto, posta dai Paesi frugali contro Polonia e Ungheria come escamotage per ritardare l'erogazione dei fondi ai Paesi meridionali spendaccioni (in Olanda si vota a marzo per le politiche, giusto per fare un esempio). «Prevedere condizionalità ulteriori e specifiche è fuori dai trattati ed è uno stratagemma per non far partire misure anti-crisi che i frugali non vogliono», ha chiosato il capodelegazione all'Europarlamentodi Fdi, Carlo Fidanza, criticando «una certa sinistra che, per mero interesse politico, sta finendo per spalleggiare questi atteggiamenti».

Insomma, Conte e il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, hanno di che preoccuparsi perché su 40 miliardi circa che dovranno essere stanziati per la legge di Bilancio 2021, circa la metà si spera di ottenerla proprio dagli anticipi del Recovery Fund. Senza quelli diventa tutto a rischio: riforma fiscale in primis.

A questo quadro drammatico si aggiungono i timori sul vero stato di salute dell'economia italiana. Nel secondo trimestre del 2020 il Pil è diminuito del 13% rispetto al trimestre precedente e del 18% nei confronti del secondo trimestre del 2019. I dati diffusi lo scorso 31 agosto avevano registrato rispettivamente cali del 12,8% e del 17,7. Non è la revisione al ribasso in sé a spaventare ma è il pernicioso effetto di trascinamento di questi dati molto negativo. Il rimbalzo tecnico dell'economia, attualmente in corso, rischia di essere meno brillante, peggiorando ulteriormente i fondamentali come il rapporto deficit/Pil e il debito/Pil.

Dunque l'intera tenuta del quadro previsionale che dovrà essere inserito nella Nadef (che stima un ottimistico -9% di Pil per quest'anno). Allarmata Confesercenti che conferma la stima di possibili chiusure per circa 90mila imprese dei comparti commercio al dettaglio, alberghi e, pubblici esercizi. Ora più che mai ci sarebbe bisogno dell'Europa.

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