Bufera sulle Alpi ed è tragedia Sei vittime, altri quattro gravi

Il gruppo sorpreso dalla tempesta non riesce ad arrivare al rifugio per la notte. E in Nepal muore Simone La Terra

Lucia Galli

Riposava, si scaldava o, come più spesso accade, quando si è sull'Himalaya a scalare, aspettava. Non stava arrampicando, non era in azione, non ha commesso errori o imprudenze. Eppure non ha avuto scampo ugualmente Simone La Terra, alpinista mantovano di 36 anni che, domenica mattina, è stato travolto, insieme alla sua tenda, da una violentissima bufera di neve e vento che ha disintegrato la base e gli ancoraggi del suo riparo. Il suo corpo è stato ritrovato solo ieri mattina, circa 800 metri più a valle di quota 6.900, dove era fissato il campo di salita verso il Dhaulagiri, quota 8167, settima vetta della terra. La Torre ne aveva scalate cinque in carriera: Shisha Pangma (2006), Broad Peak (2007), Gasherbrum II (2008), Cho Oyu (2009) e Manaslu (2011). Nel 2013 aveva già tentato il Dhaulagiri, fermandosi per il maltempo. Questa volta aveva scelto la compagnia nepalese Prestige Adventure insieme ad altri 15 alpinisti, molti dei quali si sono subito messi a cercarlo, dopo la violenta bufera, mentre anche un elicottero si levava in volo nella disperata ricerca. La Torre è la prima vittima di questa stagione di scalate 2018, l'83sima delle 537 volte che il gigante bianco dell'Himalaya è stato scalato dagli anni Sessanta. Proprio un anno fa, il 30 aprile 2017, la comunità alpinistica piangeva «the swiss machine», Ueli Steck, uno dei più forti professionisti dell'alpinismo, interprete e cultore della velocità e di uno stile leggero anche sull'Himalaya.

Steck è precipitato scalando da solo il Nuptse mentre si allenava e preparava quella che avrebbe dovuto essere la sua prossima impresa, la traversata Everest - Lhotse. A certe quote come nella vita si deve dire che «the show must go on» e proprio due giorni è stato il fortissimo sherpa Mingma, che ha collezionato e a più riprese tutti i 14 Ottomila della terra, ad aver raggiunto, primo nel 2018, proprio il Lhotse, mentre ormai le corde fisse per le spedizioni commerciali al Tetto del Mondo sono state fissate fino a Colle Sud e attendono i loro clienti.

Quasi in contemporanea anche sulle Alpi si registra una tragedia sulla grande classica dello scialpinismo primaverile, l'Alta via Chamonix Zermatt, un itinerario che, in 8-10 giorni, porta a toccare le principali vette alpine fra Francia, Italia e Svizzera: un gruppo di 14 persone non è riuscito a raggiungere il rifugio successivo, dopo la tappa di giornata, restando bloccato dal maltempo, poco sotto la Pigne d'Arolla, quota 3.800. Sei persone sono morte, mentre quattro sono rimaste assiderate, dopo una notte all'addiaccio ad oltre 3.500 metri. Sono gravi. Fra loro, oltre a tedeschi e francesi ci sarebbero anche italiani di cui però non si conosce ancora l'identità. Una delle vittime è probabilmente morta sul colpo precipitando, altre tre per le conseguenze della grave ipotermia, poco dopo che la polizia del canton Vallese era riuscita a portarle in ospedale. Nella tarda mattinata di ieri è stato imponente lo spiegamento di soccorsi con sette elicotteri e un'operazione congiunta delle compagnie Rega, Air Glaciers ed Air Zermatt.

A dare l'allarme il rifugista della cabane des Vignettes, in val D'Herens a 3160 metri: aspettava il gruppo, come di consueto nel pomeriggio. Non vedendoli arrivare e vedendo, purtroppo, il repentino cambio meteo ha fatto scattare l'allarme. Evitando una tragedia ancora più grande.

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