La via del buonsenso e della libera impresa

La vicenda del rincaro dei biglietti aerei che ha aperto un nuovo fronte tra il governo italiano e le compagnie è il perfetto esempio di come le ideologie siano sempre più inadatte a gestire la realtà

La via del buonsenso e della libera impresa
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La vicenda del rincaro dei biglietti aerei che ha aperto un nuovo fronte tra il governo italiano e le compagnie è il perfetto esempio di come le ideologie siano sempre più inadatte a gestire la realtà. E di come compito dei governi sia trovare una via di buonsenso tra gli estremi dello statalismo sovietico e dell'iper-liberismo americano.

Ne abbiamo già scritto, ma la lettera di protesta che i vettori hanno indirizzato alla Commissione Ue, in cui lamentano l'effetto turbativo del decreto contro il caro-voli sulle dinamiche del mercato, riporta l'attenzione su quella che è una vera guerra di trincea. La posizione liberale è chiara: concorrenza senza vincoli, ogni compagnia deve poter scegliere la politica dei prezzi, il mercato troverà un suo equilibrio e secondo la teoria della «mano invisibile», ciascuno perseguendo il suo puro interesse egoistico, tutti ne trarranno benefici. La posizione comunista è altrettanto chiara: ogni compagnia, essendo capitalista, persegue il suo profitto sulla pelle di lavoratori, consumatori e società, ecco perché bisogna statalizzare i servizi, calmierare i prezzi e centralizzare le decisioni, annientando l'impresa privata.

In mezzo, l'estate 2023 che incrina le certezze.

Su questo Giornale l'anima liberista è sempre stata prevalente. Siamo convinti che l'impresa privata sia la forza economica e morale del Paese e dell'Occidente, che un mercato libero sia più conveniente ed efficiente e che uno Stato serio debba togliere lacci più che aggiungere regole e gabelle. Però aumenti generalizzati fino al 70% su certe tratte aeree, così come l'incredibile rally dei prezzi dei carburanti a cavallo dell'esodo, neanche Adam Smith li avrebbe apprezzati. Gli accordi di cartello e le pratiche commerciali scorrette esistono, e da tempo esistono anche le authority per sanzionarle. Il decreto va in questa direzione: provare a limitare gli speculatori che si approfittano del (sacrosanto) laissez faire.

Intendiamoci, al di là delle obiezioni filosofiche, sul decreto ci possono essere anche dubbi tecnici (è possibile bloccare l'algoritmo e la profilazione degli utenti? Intervenire è coerente con le norme europee?). Tuttavia l'intento risponde ai doveri di un esecutivo. Non si tratta di garantire un discutibile «diritto alle vacanze» per tutti, ma di difendere la libertà di impresa anche attraverso la punizione dei furbetti e degli sciacalli.

Ora, se il governo ha dimostrato di saper bacchettare la «mano invisibile» di compagnie aeree e petrolifere quando si infila nelle tasche dei consumatori, la vera sfida si gioca sulla prima parte della

missione, ovvero la tutela di chi produce ricchezza. Che passa da un fisco non persecutorio, da una burocrazia snella e da un'impostazione culturale liberale che - dagli extra-profitti in giù - ancora non si vede chiaramente.

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