Probabilmente hanno scelto il più duro. E lui, come da copione, ha subito tuonato contro la maggioranza di governo rea di esercitare «ogni giorno un potere assoluto». Federico Cafiero de Raho, nominato vice presidente della Commissione antimafia guidata da Chiara Colosimo, non ha perso tempo per ergersi a unico guardiano dell'operato del governo e dei partiti del centrodestra contro le mafie. D'altronde, lui ha passato una vita a combatterle, prima come procuratore di Reggio Calabria e poi come procuratore nazionale antimafia. Come Roberto Scarpinato, fa parte della categoria dei magistrati che sono scesi in politica con i giustizialisti pentastellati. Ma Cafiero De Raho è anche il plastico esempio della liaison tra Pd e M5S. E lo dimostra anche il suo pedigree familiare e professionale. «Salvate il soldato Cafiero». Era il 2021 e l'allora ministro dell'Interno piddino Marco Minniti scriveva queste parole all'ex presidente dell'Anm, Luca Palamara, per caldeggiare la candidatura di de Raho in occasione dell'assegnazione di due incarichi direttivi per i quali lui stesso concorreva. I posti erano quelli di procuratore di Napoli e di procuratore nazionale antimafia. Posto, quest'ultimo, che otterrà di lì a poco. Ma quelle chat, secondo il Csm, non hanno determinato un «appannamento» della sua «credibilità, professionale e personale» e sono «prive di qualsivoglia considerazione denigratoria degli altri aspiranti o di riferimenti ad ingerenze nelle scelte consiliari in relazione ad appartenenze associative». Archiviazione, dunque. Così come fuffa - e non frutto di «improprie interferenze» - è stato considerato dal Csm il provvedimento (in seguito revocato) con cui Cafiero De Raho estromise dal gruppo Stragi della procura Antimafia Nino Di Matteo, con il quale si scontrò duramente.
Nel 2000 convola a nozze con Paola Piccirillo, anche lei magistrato. Il fratello Raffaele, quando il ministro della Giustizia era il dem Andrea Orlando, dal 2014 al 2018, è stato direttore generale della Giustizia penale e capo del Dipartimento per gli affari di giustizia (Dag). A maggio 2020 l'allora Guardasigilli grillino Alfonso Bonafede lo ha nominato suo capo di Gabinetto. De Raho è stato anche chiamato in causa nell'inchiesta Aemilia sui presunti legami con le cosche calabresi di Cutro e il Pd in Emilia Romagna. Inchiesta, condotta dal pm Marco Mescolini poi cacciato dal Csm per aver «aiutato» il Pd, che a livello politico colpì soltanto due politici di centrodestra, Giuseppe Pagliani e Giovanni Paolo Bernini, poi prosciolti da ogni accusa. Da poco tempo il governo ha avviato un'indagine di natura ispettiva coperta da segreto per capire se ci sono state anomalie nell'inchiesta Aemilia a seguito della relazione esplosiva firmata da un altro ex procuratore antimafia, Roberto Pennisi, che ha denunciato la non volontà a indagare alcuni esponenti dem tra cui l'allora sindaco Graziano Delrio.
Proprio su questa relazione si concentra l'accusa dell'ex forzista Bernini: «La Procura generale della Corte di Cassazione il 14 settembre 2020 chiede alla Direzione nazionale antimafia una relazione sull'inchiesta Aemilia e sull'operato di Mescolini. Dopo dieci mesi, il pm Pennisi riceve la richiesta da parte del procuratore De Raho di produrre la relazione. E lui la invia dopo sette giorni. Ma come mai passò tutto questo tempo?».
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