Calabria "zona rossa"? Spirlì impugna l'ordinanza

Con l'ultimo Dpcm, la Calabria diventa “zona rossa”, ma la Regione annuncia ricorso. Il governatore Spirlì: “Gli ospedali sono vuoti, non ha senso”

Calabria "zona rossa"? Spirlì impugna l'ordinanza

"Se la Calabria chiude, la Calbria muore". Ma il governatore facente funzioni Nino Spirlì non arretra di un millimetro. È pronto a fare ricorso contro l'ordinanaza del ministro della Salute Roberto Speranza che da venerdì blinda la regione. “Impugnerò la decisione del governo. Utilizzeremo tutti gli strumenti legali e la vera sorpresa sarà questa. Dimostreremo che la Calabria non lo merita, ma lo faremo in maniera civile, composta. Lo prometto", dichiara Spirlì in una intervista a Il Foglio. “I nostri contagi non giustificano quella misura così estrema. La chiusura non solo è ingiustificata, ma non si motiva neppure secondo i 21 parametri che il governo ha individuato. Non si può punire una regione che nella prima fase ha rispettato correttamente le misure. Chiudere è doloroso, ma chiedere la Calabria significa la fame. Non so dirlo in un altro modo, ma sono sicuro che è il miglior modo per dirlo".

Il preconcetto "politico" dietro la zona rossa

E sulla motivazione di inserire la Calabria in zona rossa, Spirlì non ha dubbi. Quella del governo è una punizione "politica" che prescinde dai dati scientifici. Una condanna alla "fame" in piena regola, priva di ogni riscontro epidemiologico. "Le costanti interlocuzioni che ho avuto in questi giorni con i membri del governo e con il commissario Arcuri non hanno prodotto - afferma Spirlì - alcuna modifica rispetto alla volontà, evidentemente preconcetta, di chiudere una regione i cui dati epidemiologici, di fatto, non giustificano alcun lockdown, soprattutto se confrontati con quelli delle nostre compagne di sventura: Lombardia, Piemonte e Val d'Aosta. Altre regioni, con dati peggiori dei nostri sono state inserite nella zona arancione e hanno evitato la chiusura. Non si comprendono, perciò, i criteri scientifici in base ai quali il Governo ha deciso la "vita" o la "morte" di un territorio. Perchè è di questo che si tratta: un nuovo lockdown rischia di annichilire in modo definitivo una regione come la Calabria. Nessuno nega le ataviche difficoltà del nostro sistema sanitario, ma, in queste ultime settimane, la Regione - attraverso misure differenziate e restrizioni mirate - è riuscita a limitare i danni e a tenere la curva epidemiologica sotto controllo".

Perché per Spirlì i conti non tornano

I posti occupati in terapia intensiva in Calabria sono al momento il 6% (e la soglia che fa scattare la chiusura è il 30%) e quelli ordinari sono fermi al 16% . Anche qui ben al di sotto dei valori di allerta. Un quadro che non giustifica l'applicazione delle misure anti contagio più restrittive. Ripiombare in un lockdown quasi totale significa condannare al fallimento le attività produttive costrette a chiudere. Uno vero schiaffo dopo i sacrifici compiuti per riaprire nel rispetto dei nuovi protocolli di sicurezza. Il presidente ammette i limiti del sistema sanitario calabrese, ma non accetta di essere accusato di aver taroccato i numeri dal cosigliere regionale del Pd Carlo Guccionedi che scrive: "È grave che in meno di 12 ore, senza dare alcuna spiegazione, possano cambiare dei dati ufficiali. Questo dimostra il pressapochismo che imperversa alla Cittadella".

Dura la replica di Spirlì: "Non abbiamo truccato nulla e sarei folle se lo facessi. Io non voglio perdere nessun calabrese. Nessuno sottovaluta la pandemia. La Calabria ha una sanità commissariata e commissariate sono le Asp. Le guidano emissari spediti dal ministero della Sanità. Il ‘decreto Calabria’, firmato ieri, riconosce, e lo mette nero su bianco, il fallimento dell’ultimo commissariamento. Lo ha scritto sempre ieri l’esecutivo: nel nostro fallimento c’è anche il fallimento del governo". Ne è convinto anche il professor Francesco Broccolo, virologo, docente di Microbiologia e Microbiologia Clinica del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano Bicocca e Direttore del laboratorio Cerba di Milano. "In termini di terapie intensive devo dire che la Calabria ha ancora un polmone attivo per poter ricevere persone in terapia intensiva, quindi queste sono scelte a mio avviso più politiche che di tipo virologico", ha commentato ieri durante "Pomeriggio 5” su Canale 5.

L'ordinanza sulla zona rossa, insomma, ha più il sapore di una ritorsione della politica che di un verdetto della scienza. Ma, Spirlì, provocato, non cade nel tranello. "Vuole farmi dire che chiudono la mia regione perché sono leghista? Non ci riuscirà. Ma le differenze fra regioni esistono e anche una certa differenza di trattamento. Ma voglio credere che siano dovute alla difficoltà di interpretare i dati. No, io non farò la vittima, non lascerò al governo questo alibi”.

Per ora, il governatore impugna l'ordinanza del ministro ma ad abbandonare la Conferenza Stato-regioni non ci pensa proprio. "Non chiudiamo la porta semmai sfondiamo una porta per sederci e per ragionare. Daremo battaglia, ci opporremo", garantisce Spirlì. Insomma, la "guerra" ci sarà di sicuro, ma sarà "composta".

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