Il calcetto a Spadafora. Lui: "Si torna a giocare". Ma il Cts lo sconfessa

L'ok del ministro dura poche ore: il comitato blocca tutto. La replica: "Non sono d'accordo"

Il calcetto a Spadafora. Lui: "Si torna a giocare". Ma il Cts lo sconfessa

Quello stop in extremis arrivato la sera dell'11 giugno, con l'ok solo per le semifinali di Coppa Italia Juventus-Milan e Napoli-Inter aveva fatto indignare il popolo degli sportivi extra calcio. Una discussione in Consiglio dei Ministri con conseguente cambio repentino di linea, uno dei tanti effettuati dal Governo in questi mesi complicati, aveva bloccato un sì che pareva ormai certo, facendo slittare la ripresa al 25 giugno.

E ora che il semaforo verde alla ripartenza degli sport di contatto sembrava essere arrivato - l'annuncio del parere favorevole sulla sua pagina Facebook del ministro per le Politiche giovanili e lo Sport Spadafora «in attesa dell'assenso del ministro della Salute Speranza» -, ecco la bocciatura del Comitato tecnico scientifico per quelli praticati da «singoli individui che si dedicano ad attività a livello amatoriale o di società dilettantistiche». «Non sono d'accordo con questo parere del Cts - ha ribadito Spadafora - confermo il mio parere positivo e resto in attesa del parere del ministro Speranza». Le parole d'ordine, sottolinea il Cts, restano il distanziamento fisico e l'uso della mascherina anche ora che l'ondata epidemiologica sta dando una tregua. Unica deroga per la ripresa delle gare di calcio di serie A, a fronte della responsabilità assunte dalle società sportive sull'esecuzione e il controllo di uno stringente protocollo di diagnosi e monitoraggio continui.

Piscine, palestre, palazzetti e migliaia di circoli sportivi che fino ai primi di marzo erano animati non solo da agonisti ma anche da semplici amatori saranno ancora in sofferenza. Non è ancora il momento del ritorno di tanti giovani sui campi di calcetto, tennis, basket, pallavolo fino a pugilato, lotta, judo e karate. Solo l'atletica ha già ripreso a gareggiare all'insegna del distanziamento sociale con corsie lasciate vuote e comunque pochi atleti iscritti nei concorsi. E pensare che qualcuno parla già di ritorno del pubblico negli stadi o nei palazzetti...

Dopo lo primo slittamento al 25 giugno, sui social si era scatenato il putiferio, con le rimostranze di atleti professionisti e semplici appassionati. Ieri, a ridosso della data ormai cerchiata in rosso, l'apertura del ministro: «Mi avete scritto e fatto sentire con forza la voglia e la necessità di ricominciare a giocare nei centri sportivi di tutto il Paese, consentendo a migliaia di gestori e lavoratori di riprendere le loro attività. Per questo, prima dei termini previsti, ho incontrato in video conferenza il presidente Bonaccini e i rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, che hanno stilato le indicazioni per la ripresa immediata, che saranno approvate domani (oggi ndr)». Peccato che il Cts abbia subito spento le speranze di amatori e dilettanti.

E in questi giorni è arrivato anche l'appello al Governo delle principali Leghe sportive: tra la metà e la fine di luglio si chiuderanno i termini per le iscrizioni nei principali campionati italiani. Per effetto della crisi economica dovuta al prolungato lockdown per la pandemia e senza certezze sulla possibilità di fruire del credito d'imposta, tantissimi sponsor non hanno ancora confermato il proprio apporto per la prossima stagione. E sono già molte le società che hanno fatto un passo indietro. Con danni rilevanti che si profilano per lo sport di vertice.

Di fronte a questa emergenza è stato costituito un «Comitato 4.0» che ha elaborato alcune proposte normative per l'introduzione di un credito d'imposta sulle sponsorizzazioni (nonchè per gli apporti di capitale delle società sportive professionistiche e dilettantistiche). Che sono state fatte proprie da quasi tutte le forze politiche e sono diventate emendamenti al disegno di legge di conversione del «Decreto Rilancio».

Tali proposte sono state corredate da uno studio che ha messo in evidenza come si tratterebbe di un costo sostanzialmente neutrale per le casse dello Stato. Che invece tra mancate iscrizioni delle società, riduzione di sponsor e volume d'affari ridotto, avrebbero un minor gettito fiscale stimato in 112 milioni di euro.

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