Il cammino dei 100mila: un "grazie" lungo 28 km

In marcia con i fedeli che ogni anno da Macerata vanno a Loreto pregando e cantando senza sosta

Il cammino dei 100mila: un "grazie" lungo 28 km

Loreto Centomila. Sono (siamo) in centomila. Non è un concerto di Vasco, non è una finale di Champions, non è neppure il Gay pride che guadagna titoli sui giornali mentre qui, se va bene, una breve in cronaca. Eppure questo è un evento enorme, il più incredibile fenomeno di popolo che accada oggi in Italia. È un pellegrinaggio. E qui si pellegrina sul serio. Si cammina per 28 chilometri, da Macerata a Loreto, di notte. Partenza ore 21,30 dopo la messa celebrata nello stadio di Macerata, arrivo alle 6,30 per quelli che riescono a partire in testa e a mantenere le posizioni senza farsi superare. Gli ultimi invece approdano dopo le 8. Fanno oltre 11 ore di marcia notturna ininterrotta.

Prima di chiedersi il perché di un fenomeno così inspiegabile, bisogna fermarsi a guardare. All'alba, quando il primo chiarore del giorno ridisegna i colli che ispirarono l'«Infinito» a Leopardi, guardi avanti e non vedi la testa del corteo, ti giri e non ne vedi la fine. Un'interminabile onda di gente ordinata, che prega e canta, e quando arriva ha ancora il coraggio di mettersi in coda con le caviglie doloranti per entrare nella casa di Nazaret all'interno del santuario di Loreto. Lungo la strada le chiese sono aperte e le case hanno le luci accese, la gente è nelle strade o sui balconi anche alle 3 del mattino. Le porte si spalancano per un bicchier d'acqua o per correre in bagno. A Sambucheto la iGuzzini proietta sull'esterno della fabbrica un benvenuto e a Recanati la Clementoni è illuminata a giorno.

L'anima del pellegrinaggio è un vescovo di quelli che piacciono a papa Francesco perché hanno «l'odore delle pecore», e qui al termine della marcia puzzano tutti. Don Giancarlo Vecerrica s'inventò il raduno 41 anni fa recuperando una tradizione antica e dimenticata. Un gesto di studenti con il loro insegnante di religione che, l'ultimo sabato di scuola, ringraziano Dio per l'anno appena concluso. Erano in poche decine. Oggi Vecerrica ha 78 anni ed è un vescovo in pensione: tonaca nera, zucchetto viola, sneaker, microfono in mano, guida il cammino dal primo all'ultimo metro. Nel 1993 fece arrivare Giovanni Paolo II, da sette anni puntuale alle 20,30 riceve una telefonata di incoraggiamento da papa Francesco che galvanizza i partecipanti.

E dunque, perché? Che senso ha oggi un pellegrinaggio così, la fatica, il sottostare alle regole che la marea umana impone? Non si può pregare in parrocchia? Non ci si diverte di più con una scorta di birra? E poi, che cosa c'è da ringraziare o da chiedere? Durante il cammino si leggono le richieste inviate dai partecipanti: il lavoro che manca, un figlio che non arriva, una persona cara defunta, una malattia da superare, una vita da ricostruire. La vita normale di persone che sanno che da sole non ce la fanno. «Non sarai più solo, mai», è il titolo del pellegrinaggio.

Un'eterna compagnia, una promessa che soltanto Gesù può fare. E anche se sembra che Dio oggi non se la passi troppo bene, un salto a Loreto la mattina della seconda domenica di giugno apre un bagliore di vita, e magari fa sperare di intercettare una risposta.

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