Il ricorso alla «sorpresa» del Quirinale (in alternativa c'è sempre «l'irritazione») è un grande classico per arruolare il presidente della Repubblica a sua insaputa. Non potendo attribuire frasi mai pronunciate, si fa riferimento a stati d'animo, patimenti intimi del capo dello Stato che, per vie metafisiche, si propagano fino alle redazioni. Mattarella è l'ultimo acquisto (con il suo «stupore», questo reale però, affidato ad una nota ufficiale) del gruppo Gedi - Stampa e Repubblica nella guerra quotidiana al governo Meloni. I due giornali da tempo cercano di accreditare la tesi di un Paese allo sbando, con un governo screditato, isolato, prossimo a cadere. In questo scenario immaginario il Quirinale giocherebbe un ruolo centrale, perciò era inevitabile arrivare a tirare in mezzo Mattarella. Il sogno è un remake del 2011, ma più rapido, considerato che Berlusconi fu costretto a dimettersi dopo tre anni e mezzo di governo. Un tempo insostenibile, Meloni deve cadere prima, la campagna per disarcionarla è iniziata il giorno dopo il suo insediamento. Gli altri protagonisti del film (genere fantasy, per il momento), lo spread e l'ombra del governo tecnico, sono già stati infatti messi in scena dai giornali del gruppo Gedi nei giorni scorsi. L'inevitabile ipotesi delle «elezioni anticipate», a neanche dodici mesi dal giuramento del governo, è già un condimento dei retroscena. Nell'entourage della premier si parla di una «campagna» dei giornali della famiglia Agnelli-Elkann, visti come «un vero e proprio megafono della sinistra contro il governo di Giorgia Melonico». Coadiuvati da La7 che ospita frequentemente Massimo Giannini, il direttore del quotidiano torinese.
Scenari apocalittici, toni drammatici, previsioni funeste sono gli ingredienti base del menù quotidiano. Il primo anno di governo, sul quotidiano diretto da Maurizio Molinari, è stato addobbato da cerimonia funebre: «L'anno nero dell'Italia». Un inserto a più voci, tutte tragiche, per piangere in coro sulla sciagura del governo di destra. «In appena dodici mesi Giorgia Meloni ha dimostrato che l'Italia è diventata il laboratorio di un sovranismo che ci allontana sempre di più dall'Europa» scrive il direttore Molinari, aprendo le pagine listate a lutto per le sorti del Paese. Il direttore della Stampa invece può vantare un record: dava già per «stanca» la Meloni il 6 novembre '22, cioè dopo due settimane dal suo arrivo a Palazzo Chigi. In effetti è da allora che Giannini spera nel crollo, se non proprio del governo, almeno di quello psico-fisico della Meloni. In uno degli ultimi editoriali la dipinge come una pazza, una lady Macbeth «tra le foglie della foresta di Birnam», quello che colpisce il direttore della Stampa è «l'isterismo psico-politico nel quale Meloni e la sua maggioranza stanno rapidamente scivolando». Una deriva psichiatrica che anticipa il disastro politico, anche se i sondaggi non registrano niente di tutto ciò. Ma le antenne di Giannini percepiscono le tenebre in arrivo sul castello. Nei titoli di Stampa e Repubblica è un florilegio di «fallimento», «flop», «disastro». L'analogia con il nazi-fascismo è sempre dietro l'angolo. I cpr? «L'Italia diventa un campo di concentramento». Il governo «sul fascismo fa passi indietro e si strizza l'occhio all'elettorato di destra-destra». Lo spauracchio del fascismo non ha mai funzionato.
Per questo si è virato su spread, crollo del rating, Btp che diventano spazzatura. «È uno scenario da incubo. E sia chiaro nessuno se lo augura» ha specificato Giannini, come se qualcuno potesse mai pensare il contrario.
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