Tre mesi fa per il turno di elezioni regionali che si apre domani con la Liguria (poi verrà l'Emilia Romagna e l'Umbria) il pronostico prevedeva una vittoria del centro-sinistra tre a zero. Ora si parla di un 2 a 1 o per il centro-destra o per il centro-sinistra, considerando l'Emilia Romagna, non fosse altro per storia, incontendibile. Per cui nel centro-destra si è passati dal pessimismo ad un cauto ottimismo. Del resto non è che fosse facile risalire la china ad esempio in Liguria dove la coalizione di governo si è trovata ad affrontare elezioni anticipate improvvise, determinate da un atteggiamento dei magistrati che può essere considerato un inedito anche in un Paese come il nostro che da quarant'anni è privo di garanzie e dove si è visto di tutto: infatti, nelle cronache del Belpaese non esiste il precedente di un governatore costretto dai pm alle dimissioni per avere in cambio la libertà. Poi qualcuno dirà per risolvere la contraddizione che Giovanni Toti ha patteggiato, magari per altri sbagliando, ma è anche vero che vedendo come vanno le cose in Italia sul piano giudiziario per sostenere una battaglia del genere (tempi biblici e costi legali stellari) non bisogna essere solo degli eroi ma avere una spiccata propensione al martirio.
Detto questo sarà stato per la condizione d'emergenza in cui si è trovato, il centro-destra ha dimostrato di avere uno spirito di coalizione superiore rispetto alle esperienze delle comunali di Milano e di Roma: ha messo in campo il candidato migliore con un profilo pragmatico e moderato, l'attuale sindaco di Genova Marco Bucci, che è risalito nei sondaggi e ora la partita si gioca all'ultimo voto. Tre mesi fa nessuno ci avrebbe scommesso. Motivo per cui in caso di vittoria la coalizione sarà rilanciata, in caso di sconfitta non ci saranno ripercussioni sul governo visto che mai come in questo caso tutto il centro-destra ha messo la faccia sul nome di Bucci.
Diversa la situazione a sinistra. Se il cosiddetto campo «largo» versione «campo monco», vista l'esclusione di Matteo Renzi, vincerà in Liguria, prenderà quota l'idea di uno schieramento molto spostato a sinistra. I partiti della coalizione penseranno che il modello Mèlenchon possa pagare in Italia. Magari i vari Conte, Bonelli, Fratoianni, potranno anche avere ragione ma di certo i dubbi non mancano: la media dei sondaggi di you-trend del 25 ottobre dimostra che il centro-sinistra non ha chance se non ingloba l'intera area centrista (l'ex terzo polo). Quindi una vittoria rischia di trasformarsi da quelle parti in una pericolosa se non letale illusione per il futuro.
Una sconfitta, invece, costringerà il «campo monco» a prendere atto della realtà. Lì dentro dovranno tornare a fare i conti da subito con i «centristi».
Anche perché perdere una Regione come la Liguria in queste condizioni fa venire meno tutte le convinzioni dell'attuale schieramento di sinistra: che le inchieste o lo scandalismo contro gli avversari paghino; che una coalizione sbilanciata sulle estreme (anche il Pd versione Schlein si è spostato a sinistra) possa avere chances di vittoria in Italia. Se ciò avvenisse vorrebbe allo scoperto un errore di calcolo, un intoppo nella narrazione del campo largo che rasenterebbe «l'ebetismo politico»: finirebbe sul banco degli imputati il funambolico Trio Lescano, Conte-Bonelli-Fratoianni, ma anche la Schlein non sarebbe esente da peccati.
In più verrebbe bruciato un nome di spicco della nomenklatura Pd come Andrea Orlando e questo potrebbe avere ripercussioni in un partito già frastornato dallo scontro sulla ricandidatura di Vincenzo De Luca alla regione Campania. Ecco perché alla fine, facendo i conti, nelle elezioni di domani chi rischia di più è proprio la sinistra nelle sue mille forme.
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