La tattica grillina, ribattezzata del «gattopardo», è semplice e perniciosa: i parlamentari uscenti, il nuovo ceto politico targato 5stelle, sono inseriti nei listini proporzionali, mentre nei collegi uninominali, per offrire all'elettorato un'immagine rassicurante, sono arruolati professionisti (avvocati, docenti, farmacisti, funzionari dello Stato) con ambizioni politiche, che hanno trovato sempre la porta sbarrata nei partiti tradizionali e ora bussano alla porta del movimento. Risultato: il voto di opinione grillino, più il radicamento territoriale di personaggi di questo tipo, creano una miscela efficace, specie nel Centro Sud, dove il mandato parlamentare è visto ancora da molti come un punto di arrivo di prestigio. Un meccanismo che già si registra sui territori. «A Bari - riporta l'ex sottosegretario Massimo Cassano, tornato in Forza Italia - i 5stelle la volta scorsa avevano eletto solo due disoccupati e un impiegato Telecom. Ora hanno in lista un docente e l'avvocato Filograno, per anni candidato senza successo di Forza Italia». «A sentire i rumors - gli fa eco Gianfranco Rotondi, altro esponente di Forza Italia - io a Bari ho più amici nelle liste grilline che nelle mie: alla Camera c'è Gubitosa, un imprenditore del settore informatico, che fornisce anche la Procura della Repubblica; al Senato c'è il prof. Piero Mastroberardino, il più famoso produttore di vini dell'Irpinia. Il suo Taurasi lo beve anche Trump». Anche in città più importanti, come Roma, il fenomeno si ripete. Qui, nel regno del terziario, soprattutto, professionisti in pensione. Roberto Sorbello, già capo del cerimoniale della Camera dei deputati, da pensionato, prima ha fatto il consigliere del ministro dell'ambiente Galletti nel governo Renzi, poi, è emigrato al Campidoglio con la Raggi, e ora è in lizza per un seggio senatoriale. Come pure Emilio Carelli, già conduttore Tg5, ex direttore del tg Sky, in pensione, si è affacciato alla politica con i grillini, lodandone, si fa per dire, la «competenza». Insomma, un gran numero di pensionati con una onorata carriera alle spalle, che dovrebbero affollare anche l'ipotetico governo 5stelle.
Questo fenomeno particolare è stato registrato anche dalla maga dei sondaggi, Alessandra Ghisleri, per la quale, soprattutto nel Centro Sud, con la crisi del Pd, rischia di avere conseguenze incontrollabili. «Anche a Terni - racconta la coordinatrice dell'Umbria di Forza Italia, Katia Polidori - nel cuore dell'Umbria rossa, la Confindustria ha cominciato a tutelarsi, lanciando segnali al mondo grillino». L'entità di questo processo, potrebbe incidere non poco sugli equilibri del prossimo Parlamento. Ed è inutile aggiungere che la vera «diga» nei confronti dell'espansione grillina al Sud è proprio il centrodestra. In particolare Forza Italia, in alleanza con fratelli d'Italia e i centristi (la rappresentanza della Lega in quelle aree è sparuta). Un dato che tutti condividono, a cominciare, paradossalmente, da Matteo Renzi. «L'elettorato grillino è strano - ha spiegato il segretario del Pd ai suoi -: alla fine Berlusconi è uno dei pochi che riesce a parlare anche con quei mondi, che riesce ad usare gli argomenti giusti. L'unico che può massacrare bene il grillismo. Non sono io a dirlo, basta guardare i sondaggi: da quando Berlusconi fa i numeri contro di loro, stanno scendendo. Del resto anche alle Europee riuscì a ridurli al 20%, per cui fa bene a metterli nel mirino».
L'analisi del segretario del Pd ha una sua base logica: professionisti e pensionati sono l'humus del berlusconismo. Solo che per battere l'insidia grillina il centrodestra deve giocare una partita accorta. Intanto le liste, specie nei collegi uninominali, debbono essere competitive, per evitare boomerang. Non è tempo di candidature di padri e figli, o mariti e mogli. Debbono essere aperte ai grandi nomi: Francesco Moser, il campione del ciclismo, che aveva dato la sua disponibilità per candidarsi in Trentino, ancora aspetta una chiamata. In secondo luogo, la coalizione deve mostrarsi davvero unita. La disputa tra Forza Italia e i leghisti, i quali pretendono di determinare le quote dei collegi uninominali tra i partiti dell'alleanza basandosi sui sondaggi di dicembre e non di gennaio nei quali gli azzurri sono molto più avanti (18% Fi, 14% il Carroccio), non aiuta. Come pure le pretese dei centristi della «quarta gamba»,che non si accontentano della proposta di avere 13 posti in Parlamento. È poi evidente che il «frontman» per parlare con questa parte del Paese resta il Cav: il suo tour de force nelle Tv e nelle radio di queste settimane, nasce anche da questa convinzione. «Sul video - azzarda Rotondi - dovrebbe andarci solo lui: noi appariamo vecchi, mentre lui appare come una rockstar, senza età». Semmai il gruppo dirigente azzurro dovrebbe puntare tutto su una campagna elettorale sul simbolo, sul proporzionale, che, non essendoci il voto disgiunto, porterebbe consenso anche sul candidato dei collegi. «Noi - ha detto scherzando Renato Brunetta ai suoi parlamentari - ai nostri candidati nell'uninominale dovremmo mettere il burqa e impegnarci sul proporzionale, sul simbolo del partito».
Tanta attenzione alla grande battaglia per il Sud nasce dal fatto che la partita politica, al di là dell'euforia, è complicata. Naturalmente da una vittoria del centrodestra verrebbe fuori uno scenario chiaro. In caso contrario potrebbe succedere di tutto, visto che la sinistra è divisa (sia nel Pd, sia in Liberi e Uguali) tra chi guarda all'area moderata del centrodestra e chi guarda a Grillo. «I nostri cugini di sinistra - ha spiegato ai suoi lo stesso Renzi - sono divisi su come utilizzare il consenso che conquisteranno alle elezioni (non più del 6-7%). D'Alema punta sulla grande coalizione, ma i suoi non vogliono. Baffino, nei fatti, si accontenterebbe di uccidere me, poi, in prospettiva, di puntare al Quirinale. Ma tra Liberi e Uguali, c'è chi ha altre mire. Ci sono quelli che flirtano con Di Maio, come quel genio di Grasso! L'attuale presidente del Senato vuole fare il premier di un governo che, nei suoi disegni, dovrebbe essere sostenuto da grillini, Leu e un Pd derenzizzato». Si tratta di un'ipotesi di lavoro tutt'altro che peregrina, che, ad esempio, tra gli scissionisti del Pd va per la maggiore: la proposta di un governo del Presidente, lanciata da D'Alema (formula politica neutra), serve in fondo a mettere tutti d'accordo, visto che i grillini, versione Di Maio, potrebbero anche farne parte. E che trova nelle minoranze del Pd (Orlando ed Emiliano) una sponda interessata. Insomma, per fare quel governo che fa orrore al Cav, non c'è bisogno di scomodare il giudice Davigo, basta Grasso (che ha un profilo sicuramente più istituzionale). E lo scontro tra le due linee, che passa anche dentro il Pd, si sta catalizzando sulla candidatura di Antonio Di Pietro: l'ex magistrato più famoso d'Italia - assolutamente funzionale in un ruolo di pontiere tra Pd, Leu e grillini - vorrebbe essere il candidato comune di Renzi e Grasso in un collegio uninominale del Molise. Solo che il segretario del Pd, che ha mangiato la foglia, non ci pensa proprio. «Ho fatto una sceneggiata - si è sfogato Renzi con un amico - a chi tra noi vuole candidare Di Pietro. Gli ho detto: Col cavolo! Finché ci sono io, niente! Non se ne parla! Né in alleanza con Liberi e Uguali, né da solo con noi».
Con una sinistra attraversata da queste divisioni, con il Pd a rischio, è evidente, quindi, che la battaglia per il Sud diventa fondamentale per evitare che i grillini entrino nel gioco e dalle urne esca uno sceneraio
incandescente. «L'elemento essenziale per impedirlo - è ragionamento di Renzi - è che i grillini restino sotto quota 25 per cento. Altrimenti è un casino». Ma, a quanto pare, l'unico che può centrare questo obiettivo è il Cav.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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