«Ambigua, contraddittoria, inadeguata». La linea di politica internazionale del Pd e della sua leader Elly Schlein viene bocciata senza esitazioni dal professor Gianfranco Pasquino, docente emerito di Scienza politica, socio dell'Accademia dei Lincei e insegnante alla John Hopkins University. Ma anche ex parlamentare della Sinistra indipendente e candidato sindaco per l'Ulivo a Bologna.
Professor Pasquino, Pd e centrosinistra sono implosi nel voto sull'Ucraina a Strasburgo.
«A sinistra vedo una forte tendenza alla deriva confusionaria, a cominciare dalla politica internazionale. Senza bussola e guida più che un 'campo largo' mi sembra un faticoso slalom tra fossati, ruscelli, dirupi e stagni».
Come si spiega questa progressiva deriva del Pd, ai tempi di Enrico Letta fermamente pro-Ucraina e pro-Occidente?
«Non dimentichiamo che vengono dal comunismo, con tutto il suo retaggio anti-occidentale su cui non hanno mai riflettuto seriamente. E sono guidati solo dalla paura di perdere la rappresentanza di un pezzo di opinione pubblica scettico, egoista, prontissimo a darla vinta all'aggressore, sulla pelle degli aggrediti. Una tendenza in parte comprensibile, ma molto brutta, che definirei 'pacifismo bastardo': mai come nel caso dell'invasione dell'Ucraina è chiarissimo come la 'pace', se non è giusta, è semplicemente un cedimento all'aggressore».
Anche l'ala riformista del Pd, che a Strasburgo è assai forte, anziché tenere il punto (salvo le lodevoli eccezioni di Pina Picierno e Elisabetta Gualmini) si è sbriciolata tra fughe e astensioni.
«I deboli riformisti dem, a parte il nome, hanno ben poco che li differenzi. La totale assenza di dibattito interno al partito ne è la dimostrazione. Il Pd si conferma tanto indispensabile al quadro politico quanto inadeguato a guidarlo».
Ma com'è possibile che il più grande partito del centrosinistra, che ne rivendica la guida, sia imploso su una questione così cruciale?
«Perché non esiste alcun dibattito interno sulle scelte fondamentali. La nuova leadership Pd, in cuor suo, propende fin dall'inizio per il no agli aiuti militari all'Ucraina invasa, e quindi tiene una linea ambigua e contraddittoria, francamente poco stimabile. Ambiguità che ha portato a rompere con il Pse e che traspare anche dalle posizioni sul Medio Oriente».
In che senso?
«La sinistra italiana, Pd incluso, non riesce ad avere una linea seria sul conflitto. Si invoca la solidarietà col popolo palestinese, dimenticando le pericolose tendenze revansciste e oscurantiste che animano gran parte dei suoi rappresentanti. Non si parte dal presupposto indispensabile: per parlare di uno Stato di Palestina, occorre riconoscere senza esitazioni lo Stato di Israele e il suo pieno diritto a difendersi. Non si condanna la crescente sovrapposizione tra antisionismo e antisemitismo. Anche qui, pronti a fare un deserto pur di chiamarlo pace».
Sta di fatto che sull'Ucraina Elly Schlein ha tenuto una linea identica a quella della sua antagonista, Giorgia Meloni.
«Affinità elettive? Ma non è un errore in sé votare come il
governo, tanto più in materia di politica internazionale. Lo è invece seguire il governo su una linea così sbagliata e isolata in Ue come quella di negare all'Ucraina il diritto di prevenire i devastanti attacchi russi».
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