Cappato assolto: "Aiuterei di nuovo Trentini a morire"

Alla sbarra con Mina Welby per istigazione al suicidio. Ma per i giudici il "fatto non sussiste"

Cappato assolto: "Aiuterei di nuovo Trentini a morire"

Si chiude con un'assoluzione (in primo grado) il processo toscano a Marco Cappato, accusato insieme a Mina Welby di aiuto al suicidio per avere affiancato il 53enne Davide Trentini nel suo intento di sottoporsi a morte volontaria assistita in una clinica Svizzera il 13 luglio 2017. Trentini era malato di Sla da trent'anni. Welby lo accompagnò a Zurigo, mentre Cappato raccolse il denaro necessario attraverso l'associazione Soccorso civile. I due si autodenunciarono il giorno dopo la morte del 53enne.

Ieri il verdetto della Corte d'assise di Massa: assoluzione perché il fatto non sussiste dal reato di istigazione al suicidio e perché il fatto non costituisce reato da quello di aiuto al suicidio. «Abbiamo fornito - ha affermato in aula Cappato nelle dichiarazioni spontanee - un aiuto innegabile in assenza di qualunque parametro di legge. Abbiamo aiutato Trentini in base a un dovere morale e lo rifarei esattamente nello stesso modo. Alla corte vorrei ricordare che dalla morte di dj Fabo e Trentini altre decine di persone si sono recate in Svizzera per il suicidio assistito e le autorità italiane ne sono state informate da quelle elvetiche. Nessun procedimento penale però si è aperto. Quelle persone non hanno avuto bisogno di noi, perché avevano i soldi per farlo e chi li trasportava. Ma questo non può essere il discrimine tra malati che soffrono». Lo stesso pm Marco Mansi aveva chiesto una condanna al minimo della pena, di tre anni e quattro mesi di carcere. Così nella requisitoria il rappresentante dell'accusa: «Chiedo la condanna, ma con tutte le attenuanti generiche e ai minimi di legge. Il reato di aiuto al suicidio sussiste, ma credo ai loro nobili intenti. È stato compiuto un atto nell'interesse di Davide Trentini, a cui mancano i presupposti che lo rendano lecito. Colpevoli sì, ma meritevoli di alcune attenuanti che in coscienza non mi sento di negare».

Marco Cappato era già stato al centro di un processo per una vicenda «gemella», accusato di aiuto al suicidio per avere accompagnato in Svizzera a morire Fabiano Antoniano, alias dj Fabo. Nel dicembre scorso la Corte d'assise di Milano ha assolto l'esponente dei Radicali. Alla sentenza si è arrivati dopo che il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Sara Arduini avevano chiesto l'assoluzione.

E dopo che lo stesso collegio presieduto dal giudice Ilio Mannucci Pacini, nel febbraio 2018, aveva rinviato la questione alla Corte costituzionale. La Consulta aveva da parte sua dichiarato la non punibilità dell'aiuto al suicidio in alcune specifiche condizioni.

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