"Carenze, ritardi, inefficienze". La scure dei pm sul governo

Nelle carte Miozzo (Cts): "Dal premier parsimonia sulla zona rossa". Il "terrore" di Speranza per le mascherine

"Carenze, ritardi, inefficienze". La scure dei pm sul governo

Milano. «Presidente (riferito all'ex premier Giuseppe Conte, ndr) evidenzia che zona rossa va usata con massima parsimonia perché ha costo sociale, politico, non solo economico, molto alto. Occorre indicare misure che siano anche sostenibili, fattibili sul piano operativo. Decide di rifletterci». È l'appunto prodotto dall'ex coordinatore del Cts Agostino Miozzo, sentito dagli inquirenti di Bergamo. L'inchiesta intorno alla mancata zona rossa nella Bergamasca mette nel mirino, tra gli altri, gli esponenti del governo di allora.

L'appunto di Miozzo, riportato dall'Agi, riassume una riunione del 2 marzo 2020. Nella relazione finale agli atti dell'inchiesta di Bergamo gli inquirenti scrivono che «si ritiene che l'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente Fontana, l'assessore Gallera e i componenti del Cts conoscendo le gravissime previsioni sull'andamento del contagio abbiano deciso di non adottare immediatamente i conseguenti provvedimenti di propria competenza con ogni relativa conseguenza in ordine alla configurabilità dei reati di epidemia colposa e delitti colposi contro la salute pubblica». Si aggiunge che «la macchina organizzativa del ministero della Salute ha mostrato carenze, ritardi e inefficienze». Il 5 marzo 2020 Speranza scrisse al direttore dell'Iss Silvio Brusaferro: «Conte senza una relazione strutturata non chiude i due comuni. Pensa che se non c'è una differenza con altri comuni ha un costo enorme senza beneficio». Il riferimento è a Nembro e Alzano. Sentito dai pm, l'ex ministro ha ribadito che l'allora premier sapeva della sua firma sulla bozza per la zona rossa in Valseriana. D'altra parte Speranza scriveva in quei giorni a Brusaferro: «Sono terrorizzato da questa cosa delle mascherine».

Nella relazione del professore Andrea Crisanti, agli atti dell'inchiesta citati dall'Ansa, si dà conto delle «riserve del primo ministro Conte ad adottare provvedimenti di zona rossa». Ancora: Miozzo «nel pomeriggio del 2 marzo apparentemente senza la consapevolezza dei presenti stendeva il verbale di un riunione» alla presenza di Conte e Speranza, dove Brusaferro «illustrava la situazione» della Val Seriana e «sottolineava l'urgenza» di adottare la zona rossa. Conte, si legge, evidenziò che andava usata «con parsimonia perché ha un costo sociale, politico ed economico molto elevato». E «decide di rifletterci». Doveva capire se «questa misura avesse un effetto reale». Cts, Conte e Speranza, conclude Crisanti, erano «consapevoli delle criticità» ad Alzano e a Nembro fin dal «2 marzo».

Già il 27 e 28 febbraio 2020, continua la consulenza, «il Cts e il ministro Speranza hanno tutte le informazioni sulla progressione del contagio che dimostravano come lo scenario sul campo» fosse «di gran lunga peggiore di quello ritenuto catastrofico». Inoltre «la documentazione acquisita dimostra oltre ogni ragionevole dubbio di come il Cts, il ministro Speranza e il presidente Conte avessero a disposizione tutte le informazioni e gli strumenti per valutare la progressione del contagio e comprendere le conseguenze in termini di decessi». E sulla base «delle previsioni dello scenario con Rt=2 il Cts stesso e il ministro Speranza condivisero la decisione di secretare il Piano Covid», elaborato dall'epidemiologo Stefano Merler, «per non allarmare l'opinione pubblica».

Per Crisanti, la zona rossa in Val Seriana «al giorno 27 febbraio 2020 e al giorno 3 marzo 2020 avrebbe permesso di evitare, con una probabilità del 95 per cento, rispettivamente 4.148 e 2.659 decessi». Il 27 febbraio, secondo la consulenza, è la data in cui «il Cts e Regione Lombardia erano diventati consapevoli della gravità della situazione».

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