Nuove tensioni con la Casa Bianca. Nuove tensioni con l'esercito. Nuove tensioni con i familiari degli ostaggi. E pure all'interno del suo governo. Si fa sempre più dura la vita politica di Benjamin Netanyahu. La White House ha definito «deludenti, offensive, irritanti e false» le accuse lanciate dal primo ministro israeliano agli Stati Uniti la settimana scorsa, in un videomessaggio in inglese in cui il premier criticava duramente Washington, definendo «inconcepibile» che negli ultimi mesi l'amministrazione americana avesse trattenuto armi e munizioni dirette a Israele. «Nessun altro Paese sta facendo più di noi» ha spiegato John Kirby, portavoce del consiglio della sicurezza nazionale della Casa Bianca, dopo che gli Usa, hanno cancellato un incontro sull'Iran in programma ieri con Israele.
La replica americana arriva mentre sono in corso nuove proteste nel Paese, con i manifestanti tornati in strada per il quinto giorno di fila, l'ennesimo dall'inizio della guerra, per chiedere un accordo sugli ostaggi. Secondo il Wall Street Jorunal potrebbero essere ormai solo 50 i rapiti ancora vivi su un totale di 116 prigionieri in mano a Hamas e nella Striscia di Gaza. Il dato è il frutto di una stima combinata dei dati dei servizi di intelligence americani e israeliani ed è stato passato al quotidiano da funzionari statunitensi. Ci sono buoni motivi per essere «estremamente preoccupati», visto che «sembra che ogni settimana sempre più ostaggi muoiano o si ammalino gravemente», ha spiegato il capo del team medico del Forum dei familiari degli ostaggi, Hagai Levine.
La strategia del primo ministro è stata messa nuovamente in discussione anche dall'esercito, con cui la tensione è ormai alle stelle. «L'obiettivo di sradicare Hamas è irraggiungibile», è stata l'analisi del portavoce dell'Idf, Daniel Hagari. «Hamas è un'idea. Coloro che pensano che si possa farla sparire si sbagliano», ha aggiunto Hagari spiegando che chiunque lo prometta - leggasi il premier israeliano - «fuorvia il pubblico. È come gettare sabbia negli occhi della gente». Immediata e secca la replica di «Bibi» (il premier), che ha ribadito uno degli obiettivi del suo gabinetto politico e di sicurezza: la distruzione delle capacità militari e governative di Hamas».
Alla fine al primo ministro è toccato strigliare ieri anche gli alleati di governo, esortandoli a «darsi una calmata» e smetterla con le «inutili beghe politiche», per essere «all'altezza della situazione», restando «uniti» e «concentrati sui compiti»: «Non è il momento della politica meschina», ha detto il primo ministro. Dopo l'uscita di scena del centrista Benny Gantz dal Gabinetto di guerra, che ha costretto il premie a smantellarlo, Netanyahu deve infatti fare i conti con l'estrema destra dei ministri Smotrich e Ben-Gvir.
Quest'ultimo, leader di Otzma Yehudit (Forza Ebraica) ieri è stato accusato dal Likud, il partito del premier, di aver divulgato «segreti di Stato» dopo che è circolata la notizia secondo cui Netanyahu si sarebbe offerto di condividere delicati briefing sulla sicurezza, in cambio del sostegno al controverso progetto di legge sulla nomina dei rabbini municipali.
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