L'arresto del ginecologo Severino Antinori, il sequestro della sua clinica e la controversa denuncia dell'infermiera spagnola cui sarebbero stati «forzosamente rubati gli ovuli», dimostra che attorno al mondo della fecondazione eterologa si muove un mercato sporco che carenze normative e vuoti legislativi concorrono a rendere ancor più inquinato. In ballo, come in tutti i business che si muovono lungo una frontiera borderline, c'è una domanda e un'offerta. Elemento di «mediazione» tra le due «parti»: il danaro. Storia vecchia, ma sempre attuale. Ma qui tutto diventa più squallido, considerato che in ballo ci sono sentimenti e desideri: come ad esempio l'amore per un figlio che non si può avere «naturalmente». Ed è in questo interstizio dove si raggruma anima, cuore e cervello che va inquadrato il «caso Antinori». Personaggio di «successo mediatico» che - come tale - non conosce mezze misure. Costi quel che costi. E il termine «costi» non è casuale, visto che la sua clinica «Matris» di Milano è sotto inchiesta per un giro di «buste da mille euro» destinate alle donatrici (a pagamento) di ovuli. Ma Antinori smentisce indignato: «Stanno facendo a me, ciò che hanno fatto a Tortora. La verità è che la donna che mi ha denunciato voleva essere assunta». Forse con lei c'era stato un «patto» più o meno esplicito: ovuli in cambio di soldi. Non c'è da scandalizzarsi. Negli Stati Uniti è una prassi consolidata, con tanto di annunci e pubblicità davanti agli atenei: non caso le «cavie» più ricercate sono le studentesse universitarie. Negli Usa i «rimborsi spesa» arrivano fino a 8mila dollari mentre in vari Paesi europei (tra cui Spagna, Belgio e Gran Bretagna) si va da mille a 3mila euro: neanche molto, considerato che la pratica della donazione di ovuli è assimilabile a un vero e proprio intervento chirurgico, con tanto di anestesia totale.In Italia vige invece un'intollerabile ipocrisia: la legge permette la fecondazione in vitro ma proibisce ai centri specializzati pubblici e privati di acquistate la «materia prima» per consentire che nascano «bimbi in provetta». Tutto dovrebbe - chissà poi perché - svolgersi gratis, donazioni comprese. Un'assurdità. Antinori questo velo paradossale lo ha strappato, anche se non certo per spirito missionario: quelle presunte «buste da mille euro» che il famoso ginecologo avrebbe promesso alle «donatrici» - come in un'angosciante partita di giro - potevano infatti trasformarsi in guadagni decuplicati grazie alle somme che le aspiranti mamme erano disposte a pagare per farsi impiantare gli ovuli procurati dal «professore». Tra le carte dell'inchiesta ci sarebbe una frase eloquente rivolta all'infermiera spagnola: «Se fai la brava, ti facciamo un regalino...». Forse la donna di un «regalino» non si accontentava, voleva qualcosa di più. Forse la «trattativa» è saltata. Ma Antinori - secondo l'accusa - non si è fermato, ha proseguito nell'espianto, anche contro la volontà della donatrice (a pagamento). Se così è andata, il ginecologo calabrese avrebbe commesso una sfilza di reati pesantissimi: dalla rapina aggravata alle lesioni personali aggravate (ieri si è saputo che è anche indagato per sequestro di persona): un quadro indiziario che ha portato all'arresto (se pur nella forma «soft» dei domiciliari). Misura comunque esagerata a giudizio dei difensori di Antinori che evidenziano un punto-chiave della vicenda: «La donna che ha denunciato la rapina di ovuli firmò un modulo di adesione al programma di ovulodonazione, poi un consenso informato»; il tutto «dopo aver avuto il supporto di uno psicologo che ne attestò la consapevolezza della scelta e la mancanza di problematiche». Questo almeno secondo la spiegazione fornita all'Ansa dai legali del medico, che aggiungono: «Dagli atti emerge inoltre che la donna avrebbe riconosciuto la sottoscrizione di due moduli molto dettagliati dell'11 e del 14 marzo»; ma non quello del 5 aprile, giorno dell'intervento che la donna avrebbe subìto per impiantare i suoi ovuli a un'altra paziente.
Intanto ieri pomeriggio Antinori è stato portato in ospedale a causa di un malore che lo ha colpito nella sua casa romana dove era agli arresti domiciliari. Per lui, tornare in clinica (se pur da «malato»), è stato un gran sollievo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.