Oggi sarà nella tana del lupo. A Palermo, al congresso dell'Associazione nazionale magistrati che è sul piede di guerra. Da Venezia, dove ha presieduto il G7 dei ministri della giustizia, Carlo Nordio non vuole anticipare i contenuti del suo intervento. Ma dalle premesse si può già immaginare il seguito: «Come sapete - spiega ai giornalisti al termine dei lavori con i colleghi dei paesi più industrializzati - ho già ricevuto una delegazione dell'Anm e il confronto fra noi è stato estremamente franco».
Tradotto, il ministro della giustizia vuole andare avanti con le riforme, a cominciare dalla separazione delle carriere e dalla creazione di due Csm, l'Anm non ne vuol sapere e prova a mettersi di traverso. La seconda osservazione conferma la precedente: «Il sistema, così come è congegnato, non funziona e bisogna decidere se renderlo omogeneo con il nuovo codice di procedura penale voluto dall'eroe antifascista Giuliano Vassalli, oppure tornare al vecchio codice inquisitorio voluto dal capo del Fascismo Benito Mussolini». Insomma, un sistema misto, all'italiana, che copia il modello anglosassone senza però cambiare l' architettura istituzionale, non va bene. Dunque, è fin troppo facile prevedere che Nordio ribadirà il proposito di andare avanti con le riforme che la magistratura associata non vuole nemmeno sentire nominare.
Il punto vero, al di là delle schermaglie, è un altro: la maggioranza di centrodestra avrà davvero la forza di cambiare la Carta e di toccare gli articoli di cui Nordio parla nei suoi libri da un quarto di secolo? Mettere mano alla Costituzione è impresa ardua. Ancora di più dopo l'avvio dell'iter che porterà al premierato. Sulla carta potrebbero pure esserci due referendum, uno dopo l'altro. Davvero difficile immaginare qualcosa del genere. Più facile immaginare, dopo i proclami di queste settimane, un annacquamento della proposta originale, nel tentativo di guadagnare i consensi di segmenti dell'opposizione, per esempio lasciando un unico Csm ma con due sezioni distinte.
Ipotesi. Si vedrà. Nordio pare più soddisfatto per l'andamento del G7. I collaterali e le sessioni con i colleghi fanno emergere affinità se non amicizie, nella cornice sontuosa e abbagliante di Venezia. In particolare, l'ex pm trova un alleato nel ministro della giustizia tedesco, il liberale Marco Buschmann, che, a quanto si apprende, è in piena sintonia su due temi divisivi come l'abolizione dell'abuso d'ufficio e la rimodulazione del traffico di influenze. Si dice sempre che l'Europa guardi alla giustizia italiana con preoccupazione ma forse non tutti i giudizi sono così negativi. E le chiacchierate al G7 confermano una realtà che non coincide con gli stereotipi e i luoghi comuni, ripetuti come un mantra nei talk televisivi.
Il ministro ha già espresso i suoi dubbi sull'arresto del governatore Giovanni Toti dopo una lunghissima indagine, partita nel 2020. «Raramente - ha spiegato nei giorni scorsi - ho chiesto provvedimenti cautelari dopo anni di indagini». Non c'è molto da aggiungere, ma una precisazione gli preme, in linea con il suo verbo garantista: «Ho sentito dire che l'indagato deve dimostrare la propria innocenza. Questa è una bestemmia, è l'accusa che deve dimostrare la sua colpevolezza». Non è un gioco di parole, ma un cambio di prospettiva.
Sono sempre più necessarie norme garantiste, come quelle sulla disciplina delle intercettazioni e l'abolizione dell'abuso d'ufficio contenute nel cosiddetto disegno di legge Nordio. Dicono che il testo si affaccerà in aula, alla Camera, dopo le Europee.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.