Caso Mps, la bomba Rossi scoppia sul tavolo del Csm

Dopo le rivelazioni sui pm che avrebbero inquinato la scena, si aprirà un fascicolo. E Genova potrebbe indagare

Caso Mps, la bomba Rossi scoppia sul tavolo del Csm

La bomba David Rossi arriva al Csm e alla Procura di Genova, e la miccia è corta. Perché in Parlamento il caso è praticamente già esploso. I fatti: l'ex comandante provinciale dei carabinieri di Siena Pasquale Aglieco, colonnello che senza titolo vive le primissime fasi delle indagini sulla strana morte del manager Mps il 6 marzo 2013, davanti alla commissione che indaga sul giallo ha accusato tre pm di aver inquinato le prove nell'ufficio del responsabile comunicazione. Dei rilievi gravissimi il presidente Pierantonio Zanettin investirà il Csm e la procura di Genova, competente per legge sui magistrati di Siena.

Al Csm, che già si è occupato del balletto tra Procure sul caso David Rossi lo scorso gennaio nato da un esposto della famiglia, cadono dalle nuvole. D'altronde l'organo di autogoverno della magistratura si è preso del gran tempo per decidere se mandare o meno dei magistrati a fare da consulenti (per il relatore Nino Di Matteo il problema sono «le possibili sovrapposizioni con le conclusioni delle Procure», che hanno archiviato tutto), figurarsi per occuparsi di magistrati dipinti come depistatori sui giornali. Altre volte Anm e Csm sono stati decisamente più solerti: vedi il caso Nicola Gratteri-Otello Lupacchini, finito nel tritacarne 12 ore dopo aver accostato la parola «evanescente» al pm antimafia. Stavolta in mezzo c'è solo il «povero» pm Antonino Nastasi, che secondo Aglieco avrebbe «risposto al cellulare dell'ormai defunto Rossi» mentre chiamava Daniela Santanché e si sarebbe «seduto alla sua scrivania» mentre altri due pm erano sulla scena. Tanto che ieri l'ex premier Matteo Renzi, sotto indagine dallo stesso Nastasi per il caso Open, ha buon gioco a dire: «Vi rendete conto chi è che mi fa l'indagine? Se è vero, è uno scandalo senza fine, sono sconvolto». «Accuse strumentali», dice il numero uno di Md Stefano Musolino. Al Giornale il pm impegnato in delicatissime inchieste antimafia difende l'operato di Nastasi («iscritto ma non militante») e si riserva di valutare il contenuto delle gravissime affermazioni di Aglieco. Il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia, contattato dal Giornale, non risponde.

«A fronte della trasmissione degli atti da parte della Commissione, come farà adesso Genova a tornare ad indagare sulla condotta dei pm senesi dopo che già una volta ha archiviato l'ipotesi di abuso d'ufficio?», si chiede Carmelo Miceli, deputato Pd e legale della vedova Rossi. I magistrati genovesi infatti non hanno mai creduto all'ipotesi che dietro l'insabbiamento delle indagini ci siano i festini gay a cui avrebbero preso parte i vip della Siena bene, tra cui lo stesso Aglieco e alcuni importanti magistrati senesi (ma non Nastasi), nata dalle soffiate alle Iene di un escort, recentemente sentito anche in commissione parlamentare, più volte minacciato e di fatto pedinato anche prima della sua deposizione (seppur secretata) a Palazzo San Macuto di cui Aglieco ammette di aver saputo «per intuito». Secondo il gip ligure infatti l'escort è «attendibile e preciso» ma questo non è bastato a convincerli a indagare sui colleghi toscani né una Procura a far luce sulle presunte minacce. Neanche il superteste che dice di sapere chi ha ucciso David Rossi li ha mai convinti. Ma adesso che Aglieco accusa apertamente Nastasi di aver inquinato alcune prove, cosa succederà? Aglieco mente o i pm hanno inquinato le prove, come dicono i familiari di Rossi? La Procura generale di Genova, competente su Firenze, ha già aperto un'indagine su Nastasi? O aspetterà il materiale da Roma? E quando la Suprema corte di Cassazione deciderà che la competenza a indagare è proprio di Genova? «Quando condivideremo l'individuazione della Procura ritenuta competente, chiederemo la riunione di tutti i procedimenti connessi e collegati alle reali cause della morte. Non è ammissibile che una vicenda così articolata sia trattata con indagini spezzettate e in Procure diverse», rilancia Miceli.

Nel frattempo l'ombra di una magistratura «pasticciona» si mescola con una credibilità compromessa dalle rivelazioni di Luca Palamara e con la barzelletta dell'azione penale obbligatoria. Anche il Guardasigilli potrebbe voler capire cosa non torna.

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