La Cassazione dice sì a Contrada: annullato lo stop al risarcimento

L'ex 007: "È la terza volta che decidono su questo"

La Cassazione dice sì a Contrada: annullato lo stop al risarcimento

«Sono stanco. Ma lei lo sa quanti anni ho? Novant'anni, nove mesi e un po' di giorni.... Ed è la terza volta che questo risarcimento torna alla Corte d'Appello di Palermo, la terza. Non vorrei che abbiano guardato l'età nel fascicolo e che aspettino che me ne vada...».

La voce di Bruno Contrada sale di tono, ripercorrendo l'ennesima tappa della sua odissea giudiziaria cominciata con l'arresto la vigilia di Natale del 1992. Trent'anni tra cella, avvocati e aule di tribunale, otto di carcere, cinque processi. Novantuno anni il 2 settembre, ex funzionario del Sisde condannato a dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa, riabilitato nel 2015 da un pronunciamento della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha fatto scuola, stabilendo che il suo processo e la conseguente condanna non dovevano esistere, perché prima del '94 il reato per cui è stato condannato non era configurato con chiarezza, pronunciamento fatto proprio dall'Italia con una sentenza della Cassazione dl 2017 che ha revocato la sua condanna.

Riabilitato (ha avuto restituito il grado e rimodulata la pensione), non ha visto un euro di risarcimento per gli oltre otto anni di detenzione - «94 mesi, 2970 giorni tra carcere e domiciliari», precisa - che ha dovuto subire. Ieri l'ennesima tappa di questa odissea giudiziaria che ha dell'incredibile anche per la tempistica. La Cassazione gli ha dato ragione, ha annullato il rigetto da parte della Corte d'appello di Palermo dell'istanza di risarcimento. Ma ha annullato con rinvio. Bisognerà trovare nuovi giudici d'appello «che non si siano mai occupati della mia vicenda, mica facile», ricorda Contrada, a cui assegnare il caso, e poi altra tappa in Cassazione. La terza.

La terza, appunto. Era stata sempre la Suprema corte, nel 2021, ad accogliere, disponendo però il rinvio, il ricorso della procura di Palermo contro il risarcimento di 670mila euro per ingiusta detenzione stabilito in prima battuta dalla Corte d'Appello di Palermo ad aprile del 2020. Nel gennaio scorso il nuovo «no» al risarcimento dei giudici di Palermo adesso rigettato dalla Cassazione. E il gioco a ping pong continua.

«Non sono avido, ma questi soldi mi spettano di diritto. La sentenza europea è arrivata a pena interamente scontata, non potevano rendermi la libertà di cui sono stato privato ingiustamente. Li vorrei non per me, ma per darli ai miei figli o a qualcuno che ne ha bisogno».

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