La strada per l'Albania è lastricata di sentenze. L'ultima ipotizza l'incostituzionalità del decreto Flussi, chiamando in causa la Corte costituzionale. Con la sentenza 4308/2025, depositata il 31 gennaio, la prima sezione penale (presidente Giuseppe De Marzo, relatore Filippo Casa) chiede alla Consulta di pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della legge 187 del 2024 - la stessa che ha trasferito alle Corti di Appello il caso trattenimenti - su due elementi che inciderebbero negativamente sulle garanzie dei migranti: la norma che obbliga la Cassazione a decidere sul ricorso dei richiedenti asilo «nel termine di sette giorni dalla ricezione degli atti (...) senza intervento dei difensori» e «con contestuale motivazione». Il dubbio dei giudici è che questo limiti fortemente il diritto di difesa del migrante che si trova privato della libertà, previsto dall'articolo 24 della Costituzione.
Altra sabbia negli ingranaggi previsti dalla procedura accelerata di espulsione. Finché la Consulta non si pronuncia gli sbarchi in Albania verranno congelati, sicuramente fino al 25 febbraio, quando la Corte di Giustizia Ue scioglierà i dubbi interpretativi sul concetto di «Paese sicuro» nel quale entro un annetto sarà possibile rimpatriare, da tutti e 27 i Paesi Ue grazie al nuovo Patto asilo e immigrazione, che rivedrà i diritti dei richiedenti asilo, concessi con fin troppa generosità da una giurisprudenza creativa», dice una fonte al Giornale. «E non è escluso che, come la Consulta, anche la Corte Ue ci dia ragione».
Accantonata per ora l'ipotesi di u'ulteriore stretta sui giudici chiamati a occuparsi della materia, col divieto di «prestiti» tra uffici, visto il gioco delle tre carte con cui - con l'alibi degli organici carenti - la Corte d'Appello di Roma ha fatto rientrare dalla finestra i giudici delle sezioni Immigrazione estromessi dal decreto Flussi.
Il Viminale «non farà ricorso in Cassazione sui 43 migranti rispediti in Italia», né la politica scenderà in piazza, «per non irritare il Quirinale. Ma il vento è cambiato», ci dice chi a Bruxelles segue i lavori del nuovo Patto, che prevede una cornice giuridica europea per gli hotspot extra Ue.
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