Ismael «El Mayo» Zambada García, il 76enne capo dei capi del cartello di Sinaloa, è stato arrestato l'altroieri insieme a un figlio del Chapo Guzmán dagli agenti dell'Amministrazione federale antidroga, la Dea. La prima a dare la notizia è stata la redazione di Tijuana del settimanale messicano Zeta, informata da Funzionari del Dipartimento di Stato americano. Per le autorità Usa si è trattato di un arresto, anche se El Mayo si sarebbe consegnato dopo un accordo, poco dopo le 14 di giovedì, quando in Italia erano già passate le 23. A dimostrarlo il video girato dal giornalista messicano/americano Luis Chaparro, in cui si vede El Mayo Zambada mentre arriva con il 36enne Joaquín Guzmán López, alias «El Güero Moreno» e un altro maschio in un aeroporto privato della contea di Doña Ana, nel New Mexico, ed è accolto dagli agenti della Dea.
L'arresto/consegna del Mayo è comunque clamoroso, visto che questo trafficante di droga messicano ha un curriculum unico ed è leggendario per non avere mai scontato neanche un giorno in una prigione. La sua carriera da boss era iniziata negli anni '70, nel cartello di Guadalajara con Miguel Félix Gallardo, alias «El Padrino», Ernesto Fonseca Carrillo, più noto come Don Neto, e Rafael Caro Quintero, responsabile del rapimento e dell'omicidio dell'agente della Dea Enrique «Kiki» Camarena. Poi era passato a «lavorare» per il cartello Juárez, guidato da Amado Carrillo Fuentes, «Il Signore dei Cieli». Nel 1989 aveva infine fondato il cartello di Sinaloa con Juan José de Jesús Esparragoza Moreno, alias El Azul, dato per morto nonostante il suo cadavere non sia mai stato trovato, ed El Chapo.
«Sì, sono stati arrestati nel piccolo aeroporto di Santa Teresa, nel New Mexico, al confine con il Texas. L'arresto fa parte di un'operazione molto dettagliata e segreta sui movimenti di El Mayo», ha confermato telefonicamente un importante funzionario della Dea alla rivista Proceso. Un altro funzionario del governo del presidente Joe Biden, che come l'agente della Dea ha parlato a Proceso solo a condizione di anonimato, ha invece detto ridendo che è «molto strano che il narcotrafficante si trovasse in territorio statunitense. Il suo nascondiglio è sempre stato la Sierra di Sinaloa. Perché uscire dalla sua tana se nessuno poteva localizzarlo?».
La risposta la dà sul sito Saga l'informatissimo Luis Chaparro, in contatto con uno dei nipoti di El Mayo che gli ha anche mandato questo messaggio in privato: «Mio nonno era molto malato e la sua vita stava per finire. Tutto ciò che desiderava era avere l'opportunità di rivedere V (Vicentillo Zambada, il suo primogenito, testimone eccellente nel processo a New York contro El Chapo e il Mayo Gordo (un altro figlio di Zambada) almeno un'altra volta». L'ok a consegnarsi è arrivato dopo un incontro con agenti dell'intelligence nello stato messicano di Sonora, insieme a due dei figli del Chapo, Joaquín e Alfredo. «L'offerta è semplice: vuoi continuare a goderti ciò che resta dei tuoi soldi e probabilmente avere la possibilità di vivere libero negli Stati Uniti o restare qui, dove le cose stanno per peggiorare e probabilmente verrai ucciso o arrestato?», assicura Chaparro.
Oggi sappiamo che El Mayo ed «El Güero Moreno» hanno scelto la prima strada e che prima dell'atterraggio uno degli agenti a bordo ha detto a Zambada che sarebbe stato trasferito a New York o a Washington, mentre Joaquín sarebbe andato a Chicago.
Ieri Frank Perez, l'avvocato di El Mayo, ha presentato presso il tribunale federale di El Paso una dichiarazione di non colpevolezza per tutte le accuse oltre ad assicurare che Zambada «non si è arreso volontariamente ma è stato portato qui contro la sua volontà».
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