La causa del lavoratore alla ditta ​quando Di Maio era già socio

Il contenzioso in corso quando Di Maio è diventato socio dell'azienda di famiglia. L'istanza del dipendente è stata respinta, ma ha fatto ricorso. Il ministro: "Entro l'anno sarà dismessa"

La causa del lavoratore alla ditta ​quando Di Maio era già socio

Si allarga il caso-Di Maio. Dopo le inchieste del Giornale sui terreni della famiglia del vicepremier e quelle de Le Iene sulle denunce di presunti lavoratori in "nero" nell'azienda del papà, ora è lo stesso ministro a finire nella bufera.

C'è un dipendente della Ardima Costruzioni, infatti, che avrebbe fatto causa alla azienda (ora di proprietà di Luigi e della sorella) per farsi riconoscere le ore che avrebbe lavorato in "nero".

Il fatto è che questo contenzioso secondo il Corriere della Sera era ancora in corso quando, nel 2014, il vicepremier è diventato proprietario dell'azienda. Resta da capire, e probabilmente da chiarire, se il ministro fosse a conoscenza di questo. "Non mi risultano contratti in nero", ha infatti assicurato il grillino di fronte alle telecamere e ai microfoni di chi gli chiedeva conto di quanto dichiarato dal dipendente che sostiene di aver lavorato senza contratto per papà Di Maio. Intanto pare aver assicurato che "entro l'anno" l'azienda di famiglia "sarà dismessa".

Un'altra cosa da chiarire sarà se il contenzioso con il dipendente sia stato in qualche modo gestito dallo stesso vicepremier. Il procedimento sarebbe iniziato nel 2013, quando D. S. si presenta di fronte ai giudici di Nola per ottenere quella che lui considera una ingiustizia. Il giudice, scrive il Corriere, convoca il papà di Di Maio (anche se la società a quel tempo era intestata alla madre, Paolina Esposito): "Sposito lavorava dalle 8 alle 12 e dalle 13 alle 18 - avrebbe dichiarato il padre del vicepremier - Quando abbiamo lavorato al cantiere di via Manzoni non arrivava prima delle 9 e andava via dal deposito alle 16,30. Abbiamo lavorato lì dall’8 luglio al 7 agosto del 2009. Si occupava di ritirare e depositare il materiale. Preferiva ricevere un acconto a prodotto delle giornate effettivamente lavorate per 75 euro al giorno entro la prima decade, poi quando il consulente del lavoro ci portava la busta paga aveva il saldo. A lui veniva pagato tutto l’importo della busta paga più una somma in contanti pari alle giornate lavorate per 37 euro al giorno e ciò accadeva per esigenze personali e lavorative".

Il dipendente ha perso la causa nel 2016, quando il giudice a gennaio rigetta l'istanza. In quel momento Di Maio è vicepresidente della Camera e proprietario della società con alcune quote dal 2014.

Nonostante il rigetto dell'istanza, Di Maio senior avrebbe chiesto una mediazione al dipendete: avrebbe proposto un corrispettivo per chiudere il contenzioso. Ma secondo il quotidiano di via Solferino il lavoratore avrebbe deciso di procedere in appello.

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