Nel primo pomeriggio di ieri, dopo il voto a Montecitorio dedicato alle comunicazioni di Conte sulla riforma del Mes, un lancio di agenzia ha agitato le acque del dibattito. Si faceva riferimento alle molte assenze di deputati azzurri al momento del voto. Un'assenza giudicata strategica per non scontentare gli alleati da un lato ma per dare comunque un segnale di una posizione autonoma rispetto al tema dibattuto.
A conti fatti, però, quelle assenze erano più che giustificate. La stessa capogruppo Mariastella Gelmini ha precisato che il partito di Forza Italia ha votato compatto il No alla riforma del Meccanismo economico di stabilità. «Con due sole eccezioni - dice - rappresentate da Renato Brunetta e Renata Polverini che si sono astenuti». I due parlamentari, infatti, non erano d'accordo a bocciare la riforma ma per rispetto di Berlusconi hanno alla fine optato per l'astensione. «Gran parte degli assenti mancano per motivi personali e per malattia - assicura la Gelmini - ed è facile verificarlo». Tra loro anche Marta Fascina, compagna di Berlusconi. «La mia assenza - precisa, la deputata che è in Francia con l'ex premier da quando si è ammalato per evitare contagi - è dovuta a motivi personali. Non c'è dissenso. Condivido pienamente la volontà di Forza Italia di voler respingere la riforma del Mes». Insomma, Forza Italia rimane ferma a quanto sostenuto già un anno fa da Berlusconi, che a fine serata mostra soddisfazione per la compattezza del partito nel bocciare la riforma. «Da un anno chiedevamo di bloccare questa riforma - dice il leader azzurro - il nostro è stato un voto coerente con la nostra storia i nostri valori, la nostra cultura liberale e cristiana».
«La ratifica della riforma del Mes non corrisponde agli interessi nazionali e non rafforza la costruzione europea - ricorda in aula la Gelmini - D'altronde non si capisce perché alcuni Paesi abbiano diritto di veto e altri no. E non si capisce perché questo strumento non debba rendere conto, in maniera adeguata, al Parlamento europeo, e perché anche la Commissione europea abbia poteri limitati». In dissenso l'intervento, invece, di Brunetta. «Mi addolora costatare che in Aula non ci sia quello stesso spirito di coesione dimostrato il 26 novembre scorso per votare lo scostamento di bilancio - dice l'economista azzurro -. Purtroppo è prevalsa lo spirito di parte, di schieramento, piuttosto che di unità. Ma così si indebolisce il Paese, non vince nessuno, è un gioco a somma negativa e l'Italia rischia di rimanere isolata».
La posizione dei differenti componenti dell'alleanza di centrodestra è comunque una sola: la bocciatura della riforma, che rimane comunque sia alla Camera che al Senato minoritaria. Tra gli interventi più applauditi quello del senatore Alberto Bagnai che ha ricordato alla componente di sinistra della maggioranza di governo («Mi rivolgo a voi perché è inutile parlare ai Cinquestelle, i traditori fanno comodo a qualcuno ma tutti ne diffidano») i rischi che corre il nostro Paese con questa riforma del Mes, rischi che sono divenute tragiche realtà, in passato, con l'introduzione del Fiscal compact e delle misure del cosiddetto Salva-banche. «La riforma del Mes - spiega il leghista - rende questo strumento di gestione della crisi perché introduce le stesse regole di austerità che proprio la crisi ci ha insegnato a disapplicare in caso di difficoltà economica». »Questo Mes è un Robin Hood al contrario», tuona Salvini che continua a chiedere la riapertura delle scuole e dei confini comunali. E proprio su questi punti ha chiesto un incontro allo stesso premier. Anche Fratelli d'Italia ha sottolineato le ambiguità (per non dire lo stato confusionale) del Movimento Cinquestelle passato da nemico del Mes a suo pragmatico sostenitore.
Dalla Santanchè a Rampelli, da Silvestroni a Galantino, i parlamentari della Meloni hanno sottolineato l'ambiguità del comportamento dei pentastellati tanto da sfoggiare in un veloce flash-mob magliette con la scritta «M5S=MES».
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