Dietro l'ennesima trasformazione di Conte (prima sovranista con la Lega, poi europeista col Pd, ora barricadero) c'è un cerchio magico - o tragico - di consiglieri che ne hanno guidato la svolta anti-governativa. Una veste che poco si addice alla pochette dell'avvocato, ma che alla fine nella testa di Conte ha finito con il prevalere sull'istinto bizantino al compromesso e alla supercazzola. Il martellamento ha avuto successo, anche grazie all'«aiuto» delle elezioni amministrative, da cui la leadership di Conte è uscita a brandelli convincendolo che un ritorno al Vaffa possa resuscitare un po' dei consensi perduti. Uno dei consiglieri più ascoltati è Marco Travaglio. Il direttore del Fatto da mesi verga editoriali contro il governo del Migliore (Draghi), spiegando che il M5s ha fatto un grave errore ad entrarci, che si ritrova al governo solo per subire angherìe dall'ex capo della Bce che non apprezza le meravigliose idee del M5s (tipo il Rdc, il superbonus, il no al termovalorizzatore etc) ma che Conte ha una strada spianata per risollevarsi: mollare Draghi. Travaglio lo scrive chiaramente il 28 giugno. Il m5s può recuperare una parte dei milioni di voti presi (e poi persi) nel 2018, scrive, «se li porta fuori dal governo, recupera Di Battista e la sua area e convince Grillo ad un compromesso sui due mandati», per salvare i poltronari pentastellati. Per molti non è un caso che la spifferata del sociologo grillino De Masi circa i giudizi impietosi di Draghi su Conte, cosa che ha fatto deflagrare la crisi, siano usciti proprio sul Fatto Quotidiano. Un piano ad hoc, sospettano anche dentro il Movimento, per dare a Conte l'assist per uscire dal governo, con l'appoggio dell'ala dura.
Massima rappresentante di quest'ultima è la statista alla vaccinara Paola Taverna. La senatrice negli ultimi mesi si è riposizionata come contiana di ferro. Non solo, è stata lei la regista del tour elettorale dell'ex premier, verso cui nutre una venerazione personale. Si è schierata anche contro Beppe Grillo, puntando tutto su Conte, che infatti sarebbe disponibile ad una deroga al tetto dei secondo mandato solo per una piccola percentuale di eletti, tra cui appunto la Taverna (senza uno stipendio garantito dal M5s le toccherebbe tornare a lavorare come addetta in un poliambulatorio di analisi cliniche). È lei il più falco dei falchi M5s. Secondo il Corriere prima di entrare in aula al Senato nel giorno della non-fiducia al governo la Taverna ha lanciato un grido di battaglia in puro slang da borgata romana: «Oggi li sfonnamo de brutto». È convinta che il salto all'opposizione sia una furbata per fregare quel «traditore» di Di Maio, e guadagnare un'altra legislatura per lei per gli altri pentastellati insieme all'amato Conte. Di sicuro all'opposizione potrebbe esprimere al meglio le naturali doti dialettiche per cui è nota.
L'altro consigliere di guerra, più defilato nonostante l'amore del personaggio per le telecamere e la ribalta mediatica, è Rocco Casalino. L'ex portavoce di Conte a Palazzo Chigi si è riciclato come capo della comunicazione alla Camera. Ma non si limita certo a scrivere comunicati stampa. Uno che è stato capace di pubblicare un libro autobiografico da cui ricavare poi un film, pensa molto più in grande. Ed elabora strategie per il suo capo, confidando in un seggio sicuro nelle liste M5s alle politiche del 2023. Casalino nega di essere uno degli artefici dello strappo: «Non ho incarichi politici, il mio ruolo è limitato all'ambito comunicativo, contro di me c'è una macchina del fango».
Pochi giorni fa, però, intercettato in monopattino a Roma dal direttore del Foglio Claudio Cerasa, Casalino dava già per certo - quando ancora non lo era affatto - il non voto del M5s alla fiducia. È lui del resto ad aver sempre consigliato Conte di non tornare al suo mestiere, ma di darsi alla politica come leader di partito. Finora, consigli poco fortunati.
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