La Cgil dà i numeri sulle pensioni, l'Inps smentisce ma il giallo sull'età pensionabile è destinato a tenere banco anche nei prossimi giorni. A metà giornata arriva la bomba firmata dal sindacato guidato da Maurizio Landini: «Dal 2027 non basteranno 67 anni, serviranno altri tre mesi per la pensione di vecchiaia, ai 43 anni per l'anticipo andrà aggiunto un mese di contributi». Quindi l'accusa: l'Inps ha modificato l'età pensionabile senza aspettare il decreto e manca la comunicazione ufficiale dei ministeri.
Apriti cielo. Segue contrito comunicato sindacale in cui si esprime «profonda preoccupazione» per la modifica «unilaterale» dei requisiti pensionistici operata dall'Inps sui propri applicativi. Il tutto, secondo la Cgil, senza una comunicazione ufficiale dei ministeri competenti e «in totale assenza di trasparenza istituzionale», tuona la segretaria confederale Cgil, Lara Ghiglione, che cita il lavoro del responsabile dell'Ufficio politiche previdenziali della Cgil, Ezio Cigna: «A noi risulta infatti che l'Inps abbia aggiornato i criteri di calcolo delle pensioni, introducendo un aumento dei requisiti di accesso: dal 2027 per accedere alla pensione anticipata saranno necessari 43 anni e 1 mese di contributi; mentre dal 2029 il requisito aumenterà ulteriormente a 43 anni e tre mesi». Stesso dicasi per la pensione di vecchiaia, salita a 67 anni e tre mesi nel 2027 come età minima e 67 anni e cinque mesi nel 2029».
Come è possibile che si sia arrivati a queste cifre? E qui inizia il giallo. Perché non ci sono riscontri nelle stime contenute nel 25mo Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato del 2024, che per il 2027 non prevedeva alcun incremento e per il 2029 un aumento di solo un mese. Possibile? La Cisl si accoda alle doglianze della Cgil, l'opposizione con i Verdi suona la grancassa e chiede lumi all'esecutivo. Il ritocco al rialzo sarebbe legato ai dati Istat, ma l'automatismo non è scattato, proprio perché le soglie sono decise «politicamente». «È solo una valutazione previsionale che è solo statistica, non verrà applicata e potrebbe ancora essere diversa», dicono altre fonti sindacali. Nei mesi scorsi il presidente dell'Istat, Francesco Maria Chelli, aveva solo ipotizzato una crescita dell'età di pensionamento a 67 anni e tre mesi nel 2027 e 67 e 6 mesi dal 2029 ma non c'è stata alcuna decisione in merito.
A tarda sera arriva la smentita ufficiale dell'Inps: non è vero nulla. «Smentiamo l'applicazione di nuovi requisiti pensionistici», anzi l'Inps garantisce «che le certificazioni saranno redatte in base alle tabelle attualmente pubblicate». È quello che conferma anche il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon: «L'aumento dei requisiti per andare in pensione fatto trapelare in maniera impropria e avventata dall'Inps non ci sarà», assicura il vicesegretario leghista. «Nel momento in cui si registrasse un aumento effettivo dell'aspettativa di vita - riprende - come Lega faremo di tutto per scongiurare questa ipotesi, esattamente come facemmo con la norma che bloccò l'aumento per l'aspettativa di vita nella riforma Quota 100».
A prendere un brutto spavento sono le persone che hanno chiesto di andare in pensione con i requisiti fissati, vale a dire i nati nel 1960 (i cosiddetti boomers) e che per qualche ora hanno temuto di restare «esodati», cioè sospesi dopo l'accompagnamento
o lo scivoli presidenziale e potenzialmente senza tutela per qualche mese. Eppure, nonostante la smentita, sindacati e sinistra insistono: altro che pensione a 41 anni, dal governo solo slogan e promesse. Contenti loro...
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