In copertina, decine di ayatollah marciano verso il grembo di una donna a gambe aperte. «Mullah, ritornate da dove venite», recita il titolo. All'interno un'altra donna, di cui si vedono solo le gambe, urina addosso al Leader Supremo. E lui, mentre cammina fra i corpi penzoloni dei manifestanti impiccati per le proteste, dell'odore di morte che lo circonda si chiede: «Sono io? Oppure è puzza di piedi?». Ridicolizzato da Charlie Hebdo, che con le sue vignette sostiene la rivolta in corso in Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, Guida Suprema dell'Iran e massima carica religiosa del Paese, è stato ieri protagonista di un'altra giornata di battaglia sul tema delle libertà, in patria e all'estero. Teheran ha infatti deciso di convocare l'ambasciatore francese per le caricature a lui dedicate dalla rivista satirica francese nell'ottavo anniversario degli attentati islamisti del 7 gennaio 2015, 12 morti.
La Repubblica islamica non ha digerito le immagini del suo più alto rappresentante religioso ridicolizzato in 35 vignette, pubblicate ieri in un numero speciale dal settimanale francese dopo essere state scelte tra le centinaia inviate per un concorso internazionale indetto dalla rivista parigina a sostegno della rivolta anti-regime. Inaccettabile per una teocrazia in cui potere politico e religioso sono tutt'uno. «Un atto offensivo e indecente», lo ha definito il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, promettendo che non resterà «senza una risposta efficace e decisa»: «Non permetteremo al governo francese di oltrepassare il limite. Hanno preso la strada sbagliata».
La scelta di Charlie Hebdo diventa dunque un caso, oltre che l'occasione per il direttore Laurent Sourisseau, in arte Riss, di ricordare nel suo editoriale come l'integralismo religioso sia una degenerazione e «il disegno satirico, guida suprema della libertà». «A differenza di Maometto - spiega Riss - Khamenei non è un profeta, possiamo disegnarlo quanto vogliamo».
Proprio ieri, in vista della festa della mamma in Iran, la Guida Suprema ha incontrato un gruppo di donne «delle élite femminili», ha sollecitato una maggiore partecipazione in ambito politico e invitato a «non accusare chi non porta il velo in modo integrale di essere contro la Rivoluzione islamica». Parole irrealistiche, parte di una strategia per contenere la rabbia della piazza, che ribolle da 4 mesi e piange 600 manifestanti uccisi. Parole smentite da nuovi attacchi agli occidentali: «Sottopongono le donne a schiavitù e traffico sessuale, in società che hanno legalizzato l'omosessualità».
Non è un caso che, appenauscita dal carcere di Evin a Teheran, la nota attrice Taraneh Alidoosti, rilasciata su cauzione dopo tre settimane, abbia sfidato di nuovo il
regime mostrandosi senza velo. Nelle stesse ore un altro manifestante è stato condannato a morte. E l'ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha criticato la repressione: «I soldi andrebbero spesi per i problemi del Paese».
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