"Chi va a scuola ha già gli stessi diritti. Questa legge severa con chi compie reati"

La deputata leghista: "Ius scholae ingiusto e inutile"

"Chi va a scuola ha già gli stessi diritti. Questa legge severa con chi compie reati"
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«Sa cosa mi fa più paura? Quel che succede nelle scuole: dove ai bambini non viene nemmeno fatta imparare la poesia di Natale per non offendere chi non ha nella propria religione la festività natalizia». A parlare è la deputata leghista Simonetta Matone (nella foto), che ha passato diciotto anni della sua lunga carriera di magistrato come sostituto procuratore presso il Tribunale per i minorenni di Roma.

Onorevole Matone, la Lega non vuole cambiare la legge sulla cittadinanza.

«Non è necessario dal momento che chi si comporta bene senza incidenti di percorso, ed è legittimamente presente sul territorio italiano, dopo dieci anni ha diritto di chiedere la cittadinanza. Va comunque ricordato che ai ragazzi che frequentano la scuola e che non hanno la cittadinanza sono comunque e giustamente garantiti gli stessi diritti di chi ha la cittadinanza. Senza calcolare che siamo il Paese in Europa che concede più cittadinanze agli stranieri».

Questo record a che si deve?

«Al fatto che la legge funziona. Semmai a essere farraginoso è l'iter burocratico. Dipende però dagli uomini non dalla normativa».

Il limite dei dieci anni coincide con la proposta dello ius scholae avanzata da Forza Italia (il tempo cioè della scuola dell'obbligo).

«Non riesco a capire la necessità dello ius scholae, visto che disponiamo di una norma chiara che consente di controllare eventuali incidenti di percorso. Faccio un esempio: se da minorenne incappo in una violazione della legge mi posso scordare la cittadinanza. Con lo ius scholae questo tipo di controllo sociale ce lo scordiamo».

Perché?

«Perché, appunto, basta il percorso scolastico e non si tiene conto dei fattori di disturbo dell'ordine sociale».

Con questa legge, però, posso comportarmi bene e ottenere la cittadinanza senza raggiungere un sufficiente livello culturale per meglio integrarmi.

«Non è così, dal momento che con la legge attuale il riconoscimento della cittadinanza si accompagna comunque alla verifica della buona conoscenza della lingua italiana».

Un premio, insomma. Anche con lo ius scholae lo sarebbe.

«Il vero pericolo lo vedo nel rapporto con le donne e nell'assetto familiare. Dobbiamo essere molto fermi. Se mi dicono: non voglio studiare Dante perché mette Maometto all'Inferno dobbiamo rispondere senza tentennamenti. Quello che è accaduto a Pioltello con la chiusura della scuola per il Ramadan è di una gravità inaudita».

Però Dante rientra proprio con lo ius scholae

«Non riesco a capire perché ci dobbiamo rifugiare nello ius scholae quando abbiamo la possibilità di seguire un percorso molto più

lineare. Con lo ius scholae io non so davvero chi mi metto in casa. Vedo proprio nella scuola una minaccia continua e costante. Il fatto che io non possa dire Buon Natale è stato partorito proprio all'interno di una scuola».

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