Il primo treno dell'era post Covid è un'Intercity partito alle 4,51 di questa mattina da Ventimiglia in direzione Milano. I viaggiatori, dopo essersi accomodati nei posti prenotati, con mascherine e igienizzante, avranno mostrato biglietto e green pass al capotreno che controlla con il suo tablet l'app rilasciata dal ministero della Salute.
Vista l'ora della partenza, non sappiamo se ci sono state contestazioni su quel convoglio, ma ecco qual è la regola generale: se un passeggero non è munito di carta verde, viene immediatamente invitato dal controllore a spostarsi in una zona isolata del treno ed è costretto a scendere alla prima fermata. Nel caso di rifiuto, interviene Polfer o Forze dell'ordine che lo «convincono» ad abbandonare la carrozza con in tasca una multa che oscilla da 400 a 1.000 euro.
Scene come questa potrebbero accadere quotidianamente visto che dalla mezzanotte è scattato il nuovo obbligo di avere il green pass per viaggiare sui treni ad alta velocità (Trenitalia e Italo), Intercity, Intercity Notte, Eurocity. Quasi tutti i treni viaggeranno all'80% della capienza: dei 500 sedili, per esempio, se ne potranno occupare ben 400. Un bel passo avanti rispetto a quando i posti a sedere erano dimezzati. E questo grazie alla vaccinazione di massa che ha raggiunto il 70% degli immunizzabili.
Ma per garantire sicurezza e assenza di contagi nei treni, ogni passeggero deve esibire la sua carta verde dimostrando così di aver effettuato un tampone entro le 48 ore precedenti o di essere immunizzato con una o due dosi. In pratica, al viaggiatore si richiede la garanzia dell'assenza del virus in circolo.
Ma, paradossalmente, le sacrosante regole di sicurezza non si applicano al personale ferroviario che praticamente vive sui treni. Per capitreno, personale di bar e ristorante, persino per il «pulitore viaggiante» (che è quello incaricato di disinfettare interruttori, maniglie, bagni, tavolini e sedili per tutta la durata del viaggio) non è richiesto il green pass. Come mai? Trenitalia spiega che per i 10 mila dipendenti che lavorano sui convogli, siano dipendenti diretti o indiretti, il decreto legge del 6 agosto non prevede alcun obbligo. In pratica, l'azienda, nonostante sia una società per azioni controllata dal Ministero dell'Economia, ha le mani legate e non può costringere i dipendenti a immunizzarsi, né a fare il tampone, è obbligatoria solo la mascherina.
Per cancellare questa anomalia, serve un decreto che imponga a tutti coloro che stanno a contatto con il pubblico l'obbligo del green pass.
E nella stessa condizione dei capitreno, ci sono anche i camerieri, i ristoratori, i dipendenti allo sportello degli uffici pubblici, delle banche. Più voci autorevoli hanno invocato l'obbligo dalle colonne di questo Giornale, ma ora è la politica, ministro Speranza in testa, che deve battere un colpo. Altrimenti si rischia di fare discriminazioni al contrario.
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