«Non vedo l'ora di riabbracciare mia madre». Sono le prime, commosse, parole di Enrico «Chico» Forti, 65 anni, ex surfista, produttore televisivo e imprenditore di Trento in carcere da 24 anni negli Stati Uniti con l'accusa di omicidio volontario.
Forti le ha dette alla premier Giorgia Meloni, che ieri è andata ad accoglierlo all'aeroporto militare di Pratica di Mare prima del suo trasferimento al Nuovo Complesso di Rebibbia. Entro lunedì Forti, condannato negli Usa all'ergastolo, entrerà nella casa circondariale di Montorio, a Verona. Si avvera il sogno dell'ex velista di scontare la pena nel suo Paese, vicino alla sua famiglia. A renderlo possibile anni di trattative con il governo statunitense, da sempre restio a concedere la possibilità di scontare la pena nelle patrie galere. Più tardi al Tg1, i ringraziamenti: «Ribadisco la mia innocenza; ringrazio Giorgia Meloni, è stata fantastica. Ora per me cambia tutto. Ho sognato ogni giorno questo momento».
Sono le ore 11 quando il velivolo proveniente dalla Florida atterra sulla pista di Pratica. «Questo è un giorno speciale. È il giorno!» esulta lo zio, Gianni Forti, in un video messaggio postato in rete. Mentre il presidente del Consiglio lascia la base militare, Forti viene trattenuto per le pratiche di ingresso in Italia. All'esterno un assembramento di cronisti: fari e obiettivi puntati sulla cancellata presidiata dai carabinieri. Passa un'ora, ma di Chico Forti nemmeno l'ombra. Si rumoreggia sulla sua destinazione, qualcuno parla del carcere di Velletri. Poi la conferma che passerà le prime due notti nella capitale per poi essere trasferito a Verona. Sono le 12,52 quando spunta un blindato della polizia penitenziaria. Si scorge appena una figura attraverso i vetri antiproiettile del furgone nero. Niente sirene, Chico passa e scompare sulla strada di Capocotta. «Chico Forti è tornato in Italia. Fiera del lavoro del Governo italiano. Ci tengo a ringraziare nuovamente la diplomazia italiana e le autorità degli Stati Uniti per la loro collaborazione» scrive su fb la premier Giorgia Meloni.
Forti, accusato di aver ucciso Dale Pike, figlio di Anthony Pike nella trattativa per la compravendita dell'albergo Pikes a Ibiza, si è sempre dichiarato innocente. Vittima di un complotto della polizia di Miami, secondo Forti. Una storia mai chiarita nonostante il processo terminato con la condanna senza condizionale nel 2000. Nel 2012 il suo legale, Ferdinando Imposimato, presenta un rapporto all'allora ministro degli Esteri.
Nel 2020 il ministro Di Maio parla di uno spiraglio nella vicenda, confermato dal governatore della Florida, l'italo americano Ron De Santis, che promette di studiare la possibilità di fargli scontare l'ergastolo in Italia. Altri quattro anni e non accade nulla. Il primo marzo l'annuncio della premier Meloni, durante la missione in Usa, dell'accordo per il trasferimento di Forti secondo la convenzione di Strasburgo. È fatta. «L'intervento del governo Meloni nelle scorse settimane ha dato un'accelerata all'iter» spiegano i familiari. «Faremo istanza per avere il permesso per il detenuto di visitare la madre che ha 96 anni e non si può muovere. La mamma, Loner Forti, non lo vede da dieci anni» spiega l'avvocato Carlo Della Vedova, legale in Italia di Chico Forti. «Anche l'aspetto umanitario - prosegue Della Vedova - ha accelerato la procedura». «Oggi possiamo dire di non aver fatto tutto invano - dichiara lo zio Gianni Forti -, anche se tante volte abbiamo perso le speranze e sembrava che questo obiettivo non si potesse mai raggiungere.
Invece è avvenuto anche grazie a chi ha gestito bene questo passo importante. Il suo esempio di resistenza, di tenacia, ci ha stimolati a tenere alta l'attenzione su di lui e a far sì che un giorno potesse rimettere il piede nel suo Paese, tra la sua gente».
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