La Chiesa sdogana i gay. "Non sono mele marce"

Il cardinale Hollerich: "Dio non potrebbe mai dire male di due persone che si vogliono bene"

La Chiesa sdogana i gay. "Non sono mele marce"

Gli omosessuali? «Non sono mele guaste. Nel Regno di Dio nessuno è escluso: anche i divorziati risposati, anche gli omosessuali, tutti». Sono passati quasi dieci anni da quando Papa Francesco pronunciò una frase che spalancò le porte della chiesa ai gay: «Chi sono io per giudicare?», disse nel 2013 il Pontefice argentino. A «benedire» le coppie omosessuali è ora il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo, presidente della Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea e dallo scorso anno vicepresidente del Consiglio delle conferenze dei vescovi d'Europa. Un porporato di peso, che esprime la voce e il pensiero dei vescovi europei. Una voce autorevole riportata dall'Osservatore Romano, quotidiano della Santa Sede. «Tanti nostri fratelli e sorelle ci dicono che, qualunque sia l'origine e causa del loro orientamento sessuale, di certo non se lo sono scelto. Non sono mele guaste». «Il Regno di Dio non è un club esclusivo. Apre le sue porte a tutti, senza discriminazioni», prosegue il cardinale.

«Pensate che Dio possa mai dire-male di due persone che si vogliono bene?». Così come è chiaro nel «benedire» le coppie omosessuali, il cardinale Hollerich frena sul matrimonio. «Non penso che ci sia lo spazio per un matrimonio sacramentale tra persone dello stesso sesso, perché non c'è il fine procreativo che lo caratterizza, ma questo non vuol dire che la loro relazione affettiva non abbia nessun valore».

Il cardinale si dice preoccupato piuttosto nel ricercare le ragioni dell'omosessualità. «Non si può tenere un giovane separato dal mondo, in una vita di tipo monastico per sei anni e poi lamentare che finisca col presupporre una propria diversità», sottolinea l'arcivescovo, scavando nel problema.

«Per esempio: la crescita vistosa dell'orientamento omosessuale nella società da cosa è determinata? Oppure perché la percentuale di omosessuali nelle istituzioni ecclesiali è più alta che nella società civile?», si domanda.

Affrontando i temi etici, l'arcivescovo esprime tutta la sua contrarietà all'eutanasia e all'aborto: «Credere nella vita eterna, significa però credere che la vita eterna è già qui, ora. E che come tale va vissuta, e goduta. Sono molto spaventato in tal senso da una montante concezione funzionalistica della vita, per cui se non funziona la si butta. Mi ha terrorizzato ammonisce - vedere nei Paese Bassi l'estensione della pratica dell'eutanasia anche ai malati psicologici. Anche questo è frutto della pervadente ideologia consumistica: una volta se si rompeva la televisione la portavi dal riparatore, e le scarpe dal calzolaio; oggi li butti. E lo stesso vorrebbero fare con la vita, se non funziona, se diventi un peso per la società ti buttano via.

Lo stesso vale per l'inizio della vita: mi preoccupa sentire nel parlamento Europeo chi invoca l'attribuzione dello status di diritto fondamentale all'aborto, perché se è un diritto fondamentale allora è un diritto assoluto e quindi non ammette più un rifiuto di coscienza. Anche questo è assurdo. Ricordiamoci sempre che la vita, anche se limitata, è bella».

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