Chiuso un ristorante su due. Cinema e teatri in affanno. Ecco il Paese che non riparte

Chiuso un ristorante su due. Cinema e teatri in affanno. Ecco il Paese che non riparte

Accanto a mezza Italia che riparte, c'è un'altra metà del Paese che, nonostante la zone gialle, non ce la fa a riaccendere i motori con le prescrizioni dell'ultimo decreto.

Regole troppo stringenti, che non consentono a tutti la ripartenza. A cominciare dai ristoranti che non hanno lo spazio all'aperto, almeno uno su due, e sono costretti ad aspettare il 1° giugno per poter lavorare al chiuso. Ma anche per cinema, teatri e concerti, che pure possono riprendere l'attività, la strada è in salita e non tutti se la sentono di ricominciare. Non ancora, almeno. Da giorni Fipe-Confcommercio martella sul fatto che quasi la metà dei pubblici esercizi alle attuali condizioni non è in grado di riaprire. Sono oltre 116mila quelli in stand-by, fermi a guardare i colleghi che riempono i tavoli nei dehors, dal momento che il 46% di bar e ristoranti non ha spazi esterni. Percentuale che cambia da città a città. Più facile sui lungomare, che nei centri storici. «In un territorio come il nostro - si fa sentire Giuseppe Russo, presidente di Fipe Caserta - tranne per qualche eccezione, i posti all'esterno, laddove esistono, sono estremamente ridotti rispetto alle sale interne». Ancora peggio in una città come Napoli, dove solo un locale su tre ha spazi esterni. A Palermo, ma anche altrove, la stessa Fipe sta spingendo per ottenere dal Comune una deroga al regolamento per la concessione del suolo pubblico. Anche il coprifuoco danneggia la categoria, impedendo il doppio turno. C'è poi l'incognita maltempo, che già ieri ha frenato l'entusiasmo delle riaperture in Liguria. La pioggia ha gettato acqua sul fuoco del malcontento e c'è stata una nuova manifestazione di piazza di ristoratori e gestori di locali per dimostrare quanto sia difficile, e discriminante per gli altri, garantire il servizio solo all'aperto.

Va a rilento anche la ripartenza dei cinema e dei teatri. Nonostante la voglia di sedersi nuovamente davanti ad uno schermo, ci sono diversi ostacoli a frenare la ripresa. A cominciare dal coprifuoco, naturalmente, che taglia fuori anche lo spettacolo più gettonato, quello delle 20,30. Per ora soltanto il 15-18% delle sale cinematografiche ha riaperto e sono per lo più quelle d'essai, anche perché mancano le pellicole di prima visione. «Non secondario - spiega il direttore generale dell'Anec, Simone Gialdini - è il divieto di apertura dei bar nella sale commerciali, dove la vendita di pop corn e bevande rappresenta una fetta importante del fatturato». La maggior parte dei cinema aspetta il 20 maggio per accogliere il pubblico con film più commerciali. Nella speranza che nel frattempo sia stato spostato il coprifuoco, che certo complica le cose anche ai pochi teatri che hanno ripreso la programmazione. In questo caso la questione è ancora più complicata, perché in genere ad aprile le stagioni si chiudono ed è difficile per le compagnie preparare uno spettacolo in poco tempo. Tranne poche eccezioni, come lo Stabile di Torino pronto a partire con sette produzioni, la prima ieri al Teatro Carignano, e gli enti lirici che non si sono mai fermati. In attesa è anche il settore dei concerti live, che nel 2020 ha registrato cali di fatturato vicini al 100%, e che ora è frenato dalle attuali prescrizioni, da problematiche di sostenibilità economica con la capienza di 1.

000 persone e con la difficoltà di organizzare concerti con l'incognita delle fasce di colore. «Lo Stato dovrebbe istituire un fondo di garanzia in caso di annullamento perché le assicurazioni non coprono il rischio Covid», spiega Vincenzo Spera, presidente di Assomusica.

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